di Stefano di Palma
Nella navata di sinistra della cattedrale di Sora è custodito il trittico raffigurante la Madonna con il Bambino tra i santi Francesco e Rocco opera del pittore norvegese Christian Mayer Ross (1843-1904) eseguito durante il suo soggiorno presso la città di Sora.
Il sacro gruppo è ritratto in un unico spazio che non tiene conto delle cesure stabilite dalle cornici che scandiscono la ripartizione del trittico. A destra si trova san Francesco d’Assisi raffigurato frontalmente con testa calva, abito bruno del suo Ordine e munito di una croce e di un codice; l’esibizione di questi oggetti rende possibile la studiata posa delle mani sulle quali si vedono le stimmate. A sinistra si trova un giovane san Rocco raffigurato di profilo, con le mani giunte in gesto di preghiera ed abbigliato con tunica corta, calzamaglia, stivaletti e la tipica mantella con la conchiglia; la figura è proposta in un controllato movimento delle gambe tra le quali si scorge un cane con un tozzo di pane in bocca.
Nello scomparto centrale del trittico è situata la Madonna che accosta il viso a quello del Figlio ritratto benedicente e ritto sulle sue ginocchia. L’intera scena si svolge in uno spazio definito architettonicamente da pochi elementi: un terrazzo scandito da una pavimentazione e delimitato in lontananza da una balaustra continua; tale luogo ospita il podio che culmina nel centrale trono su cui è seduta la Madre di Dio.
Il pittore completa l’ambientazione producendo alcuni particolari di notevole gusto. Si vedano, a tal proposito, il tappeto centrale che con il suo disegno segue fedelmente l’andamento della scala; gli inserti decorativi presenti nei gradini e nel trono che con una formulazione geometrica simulano il marmo policromo; lo schienale dissimulato da un tessuto damascato e lo splendido brano di natura morta costituito dal festone di frutta che pende dall’alto.
In secondo piano, oltre la recinzione del sito, si apre una veduta di Sora avvolta in una luce cristallina che evidenzia il caratteristico profilo del monte Sant’Angelo, la frastagliata collina di San Casto, alcuni conglomerati abitativi del centro storico ed accoglie il lento defluire delle acque del Liri. A questo paesaggio sembrano collegarsi i due putti ritratti in primo piano che affiancano il trono mentre suonano strumenti a fiato: uno è scalzo mentre l’altro è provvisto delle caratteristiche cioce. Più che allietare i protagonisti della scena, essi sembrano alludere ad un idillio pastorale trovato in terra sorana nel segno di una esternazione del più intimo sentimento dell’artista.
Il pittore eseguì il trittico per l’ospedale di Sora costruito a partire dal 1891, inaugurato nel 1899, completato nel 1912 e poi distrutto dal terremoto del 1915. Ancora nell’atrio del reparto chirurgico della successiva struttura ospedaliera il dipinto risultava presente per poi essere trasferito, in tempi più recenti, nella chiesa cattedrale.
L’impronta della originaria destinazione è impressa nei modelli d’eccezione utilizzati nelle raffigurazioni di san Rocco e della Madonna: nel primo caso si tratta del volto di Vincenzo Simoncelli, giurista sorano che si prodigò per la costruzione del primo ospedale mentre nel secondo caso si tratta di Giulia Scialoja, figlia sedicenne del giurista e politico Vittorio Scialoja e futura moglie del Simoncelli.
Anche la struttura lignea che accoglie la pittura è coeva all’esecuzione dell’opera ed è stata realizzata dall’intagliatore sorano Vincenzo Longo. Essa è costituita da quattro colonne spiraliformi, che scandiscono i tre scomparti, culminanti in esili pinnacoli ed in tre cuspidi adornate da centrali rosoncini. La decorazione è completata con l’accurato intaglio di elementi geometrici e vegetali.
Presso l’ingresso dell’odierno ospedale di Sora è conservata una riproduzione fotografica del dipinto in ricordo della sua primitiva destinazione.