di Stefano Di Palma
La plurisecolare storia sismica dell’Italia, incrementata dalle terribili pagine scritte dagli ultimi avvenimenti, ci porta a considerare l’argomento sul piano della tradizione, di matrice religiosa, che trova ricadute in ambito storico e artistico. Ovviamente, come di consueto nella tradizione cristiana, per darsi una risposta sovraumana, si chiama in causa un protettore che libera dai danni provocati dai terremoti: sant’Emidio.
Di sant’Emidio, sconosciuto nell’antichità, si cominciano ad avere notizie nel secolo XI. Le scarne notizie biografiche che lo riguardano sono tramandate nella sua Passio, composta nel secolo XI oppure XII da un falsario, che prese il nome di Valentino e si spacciò discepolo del santo; anche il Baronio giudicò quest’opera letteraria come degna di censura.
Secondo il racconto Emidio, nasce a Treviri, giunge poi a Milano dove diventa presbitero e successivamente riceve a Roma la consacrazione episcopale direttamente dalle mani del papa; quest’ultimo lo inviò come pastore della diocesi di Ascoli Piceno. In questa città, Emidio converte molti pagani, tra cui Polisia, figlia del prefetto, e viene perseguitato e decapitato nell’anno 303.
Negli Statuti della città, redatti nel 1377 e stampati in volgare nel 1496, il santo è definito come “patrone, protectore et defensore de lu comune et de lu populo d’Ascoli”. Nello stesso secolo l’immagine del santo viene incisa nelle monete ascolane dove viene raffigurato con viso imberbe ed abiti vescovili.
La concezione di Emidio quale patrono e intercessore contro i terremoti ed i suoi danni si afferma molto più tardi allorché, dopo lo spaventoso sisma del 1703, Ascoli rimase illesa. Da quel tempo si cercò, anche con l’autorità dell’arcivescovo di Treviri, di estendere il culto di sant’Emidio alla Chiesa Universale. Il tentativo non riuscì, ma spontaneamente moltissime città dell’Italia centro-meridionale introdussero la festa del santo e lo elessero compatrono. In questo tempo si diffuse la nuova iconografia che lo rappresenta in atto di sostenere un muro barcollante sotto l’impeto di scosse telluriche (cfr. G. Fabiani, 1964).
Il culto riservato a sant’Emidio trova così sensibile espressione anche nel territorio della nostra Diocesi. A Sora, si ricordano almeno due altari dedicati al santo e presenti ancora oggi in due chiese della città. Il primo esempio che si cita si trova nella chiesa di San Rocco; qui su un altare laterale si trova una tela del secolo XVIII raffigurante Sant’Emidio che implora aiuto presso la Madonna. Nell’opera, in basso a sinistra, si scorge una città che cade in rovina a causa di un violento terremoto, mentre gli abitanti si danno alla fuga; in questo particolare, si è proposto di riconoscere la città di Sora caratterizzata da alcune costruzioni presenti all’epoca: il ponte e la porta di Corte, eretti nel 1723 dal duca Antonio Boncompagni, la chiesa di Santa Restituta con la torre campanaria cuspidata e la torre Renzi sul colle (cfr A. Tanzilli, 2011).
Il secondo esempio che si trasmette è dato dall’altare situato nella navata di sinistra della Cattedrale di Sora. Anticamente, il vano era dedicato ai santi Giuseppe e Antonio di Padova e presentava una ricercata decorazione settecentesca; dal secolo XIX, l’altare, connotato oggi da forme più sobrie rispetto al passato, fu dedicato a sant’Emidio.
Nella nicchia che sovrasta la mensa, è conservata la statua raffigurante il santo eseguita agli inizi del Novecento ed acquistata a Lecce presso il laboratorio di Luigi Guacci. Significativa è la resa figurativa del simulacro: sant’Emidio è rappresentato giovane, in abiti vescovili e con la mano destra sollevata, mentre quella sinistra accarezza un putto che, come una sorta di assistente, a sua volta sorregge il pastorale, la palma del martirio e lo stemma della città di Sora.
Una simile rappresentazione trova profondo senso nella speciale devozione riservata al santo dal popolo sorano, colpito nei secoli dagli eventi tellurici e che dunque s’inserisce di diritto nella lista dei popoli che abitano l’Italia Centrale e battuti da questa calamità. La consolidata venerazione nutrita da Sora verso sant’Emidio, che in cattedrale veniva festeggiato la prima domenica di settembre, trova espletazione anche nella proclamazione del santo come patrono minore della città, avvenuta nel 1801 (cfr. S. Di Palma, 2015).