Nella conferenza tenuta a Sora lo scorso 30 ottobre, è stata presentata ad un pubblico molto attento l’opera di Antonio Conte “Amore e carità – L’ultima dimora di re Manfredi”.
Un lungo cammino di ricerca, un rincorrere di verità, grazie all’ausilio di preziosi collaboratori, studiando opere conservate nella terra sorana, a New York, Roma, Harvard e Copenaghen, che ha permesso di ricostruire l’emozionante storia dantesca di Sora. Tutto questo passando per i resti del tempio di Serapide, per l’antica statua di Santa Restituta posta all’ingresso della città e per la scoperta di una tela a olio della Carità Celeste, che ha permesso di ipotizzare nella figura del grande Michelangelo l’autore del Crocifisso ligneo donato al cardinale Cesare Baronio e da lui alla collegiata di San Bartolomeo.
Uno studio attento, meticoloso, che porta l’autore a ipotizzare che l’ultima vera dimora di re Manfredi fu programmata dal papa Clemente IV e dall’arcivescovo Bartolomeo Pignatelli, nella “famosa ansa a V del Liri – il “Verde” – a sinistra della testa del Ponte romano nel sito Janua Curiae”, dove era collocato il privilegio di Carlo d’Angiò, a Sora. In quel punto pare dunque che i resti del re giacciano dal 1267.
Secondo quanto emerge da questa ricostruzione, la tomba sarebbe dunque ancora sotto il grande muraglione d’argine di Piazza Cerere, ora Piazza Garibaldi, coerentemente con quanto rivela il sommo Poeta sulla storia che tocca anche Sora, nei versi del III Canto del Purgatorio.
Foto d’archivio