di Stefano Di Palma
La splendida tela attribuita all’artista senese Francesco Vanni (1565-1610) su commissione del cardinale Cesare Baronio per la sua fondazione Cappuccina di Sora è conservata sull’altare maggiore della chiesa dei Passionisti ed è conosciuta localmente con due titoli: se nel primo, ovvero la Madonna degli Angeli, si tramanda ancora quel riferimento tutto francescano che lo collega alla Porziuncola di Assisi, è nel secondo, ossia quello di Madonna della Vallicella, che si riflette quel diretto contributo alla stesura dell’immagine collegato al porporato sorano, il quale era devoto a quell’icona collegata alla Congregazione dell’Oratorio di Roma.
Inserita in un impianto caratterizzato da un sentito ritmo ascensionale e completamente rivestito di marmo (bianco e giallo scuro) al quale si aggiungono inserti decorativi dorati e le pitture raffiguranti in alto la Pietà, a sinistra San Pietro Apostolo e a destra San Paolo Apostolo, la tela è posizionata al centro come principale illustrazione liturgica della chiesa.
Nell’opera sono raffigurati in alto tra le nuvole la Madonna a mezzo busto ed il Bambino seduto e visibile fino all’altezza delle ginocchia. Particolarmente studiata appare la resa sia dei volti concentrati, che canalizzano l’attenzione dell’osservatore, sia l’intensità dei gesti basata sulla redazione di uno squisito e calibrato gioco di movimenti: alla Madre che porta la mano sinistra sul petto corrisponde lo scatto in avanti della mano destra e benedicente del Figlio per concludersi con l’incontro delle altre due mani che garantisce il trattenimento di un globo terrestre. Si determina così uno stretto contatto tra i due protagonisti che sollecita un registro emozionale evidenziante l’intima unione che intercorre tra loro.
Il sacro gruppo è inserito in uno spazio di calda luce mentre intorno, tra densi cumuli di nuvole, un giro di angeli assiste all’apparizione divina ed una coppia di esseri celesti incorona la Vergine. In tal modo il Vanni orchestra per il Baronio la sua personale interpretazione dell’immagine mariana della Vallicella.
Circonfusi da un cielo plumbeo e inginocchiati per terra sono raffigurati in basso a sinistra san Francesco e a destra santa Restituta che, estasiati, guardano in alto. Il Serafico indossa l’abito dei Cappuccini, è a piedi nudi e stende le braccia aperte verso la beata visione; tale postura esalta il gesto delle mani aperte dalle quali si vedono spuntare le stimmate segnalate schiettamente dal pittore mediante l’esibizione dei chiodi ricurvi che vi fuoriescono; al Santo si accompagna un piccolo libro aperto per terra su cui si legge SVCCVRRE MISERIS. La patrona di Sora indossa un manto rosso dai risvolti verdi, assiste a mani giunte all’apparizione e reca con sé una palma che sbuca sul petto ed è sostenuta da questa posa; ai piedi della martire si trova un libro chiuso sul quale si legge S. RESTITVTA ORA PRO POPVLO. I due santi fanno da quinta alla veduta di Sora posizionata in basso al centro; la città, della quale si è ipotizzato un riconoscimento di alcuni suoi luoghi, è così rappresentata nella sua veste medievale.
L’esecuzione del dipinto, al quale localmente ancora non è stata data la giusta attenzione, è inscrivibile, sulla base della datazione della fondazione della chiesa e di ragioni stilistiche in seno alla produzione del pittore, agli anni 1601-1605 e può essere parzialmente indicata come opera del Vanni e più diffusamente della sua Bottega. Al catalogo dell’artista si riconducono almeno altre due opere dipinte per il cardinale Baronio, ovvero la Caduta di Simon Mago del 1603 prevista per uno degli altari della Basilica Vaticana ed il Ritratto del cardinale Baronio del 1605 conservato presso la Sala Rossa di Santa Maria in Vallicella a Roma.