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SORA – IL CALCIO GIOVANILE E I SUGGERIMENTI DI ROBERTO CIRELLI

Da trenta anni nel calcio giovanile, ecco alcuni suggerimenti di Roberto Cirelli. 

Genitori, fate i genitori. È sempre più frequente avere a che fare con disagi e problematiche causate dal comportamento poco collaborativo di alcuni genitori. Cercare di decidere al posto del proprio figlio, volersi sostituire all’allenatore in campo, creare disagi sulle tribune nel corso di una partita non arreca danno soltanto alle società. Manda in crisi, in primis, l’autostima e la voglia di socializzare (e mettersi in gioco) da parte del bambino o ragazzo stesso. Si chiama scuola calcio poiché c’è chi insegna e chi impara: nessun genitore si permetterebbe mai di interrompere una lezione di matematica per suggerire un nuovo modo di risolvere le divisioni. Per il calcio e lo sport in generale vale lo stesso discorso. Volere il bene del ragazzo vuol dire anche non caricarlo di eccessive pressioni e pretendere il passaggio da una società all’altra solo perché “più ricca o ambiziosa”. Il calcio è, prima di tutto, divertimento: aiutateci a farlo vivere come tale.

Allenatori, fate gli allenatori. Educare senza cadere in protagonismi, eccessi e comportamenti diseducativi è ancor più importante dell’insegnare un nuovo schema o migliorare la tecnica dei propri piccoli calciatori. Fare l’allenatore di una società impegnata ed affermata nella dimensione giovanile comporta gioie e responsabilità, non può e non deve diventare valvola di sfogo e frustrazione personale. Coltivare l’ossessione per la vittoria è diverso dall’educare alla competizione, ma sembrerebbe esserci confusione, perlomeno a livello locale. Si moltiplicano i tecnici che decidono di cambiare società ogni anno, pensando soltanto ai propri interessi di carriera ed economici, trascurando l’essenza del proprio lavoro: la crescita dei ragazzi.

Bambini, fate i bambini. Per il bambino la socialità è fondamentale, un aspetto che imparando a giocare a calcio e stando in gruppo si riesce a coltivare in maniera molto proficua. Per farlo al meglio è fondamentale il rispetto dei ruoli: se il genitore e l’allenatore hanno il dovere di pensare alla formazione del proprio figlio/allievo, i bambini stessi devono mostrarsi contenti di praticare sport ed imparare. Occorre dunque il massimo rispetto per gli istruttori e per i propri compagni, a qualsiasi età ed in qualsiasi categoria si giochi. L’importante è divertirsi, il resto verrà come diretta conseguenza.

Società, fate le società. È semplicemente scandaloso operare delle selezioni in base alla presunta bravura di bambini di 5, 6 o 7 anni – escludendo a priori tutti gli altri pari età, che si sentono emarginati e tendono ad isolarsi. A livello locale e regionale non è raro trovare dei tornei che fanno da “selezioni di massa”, con protagonisti i giovani calciatori selezionati in base a criteri applicabili soltanto in età adulta. Così non solo si bruciano le tappe inutilmente, ma si inquina la crescita dei piccoli atleti in modo spartano e senza senso. Il tutto a scopo totalmente di lucro, trascurando il benessere dei bambini iscritti alla propria società e permettendo il lavoro sudicio e immorale di dirigenti che hanno a cuore solo i propri interessi.