In una assoltata domenica di Novembre, la città di Sora si è risvegliata con la diga posta sotto sequestro dalla Procura della Repubblica di Cassino.
Nonostante il provvedimento fosse da tempo atteso, ormai in pochi credevano che il dispositivo potesse arrivare proprio mentre l’Amministrazione Tersigni aveva affrettato i tempi, negli ultimi giorni, per completare l’opera.
Un progetto conteso, contestato, avversato da chi, da subito, ha opposto sia questioni di opportunità che preoccupazioni tecniche e in ordine alla sicurezza. Lo sbarramento realizzato, infatti, consentirebbe di alzare il livello delle acque di almeno due metri, sufficienti a rendere il fiume Liri navigabile. Un progetto con finalità turistiche, secondo i promotori; pericoloso secondo i detrattori.
Di certo, tutti i sorani conoscono quanto minaccioso diventi il corso fluviale che la attraversa quando si susseguono anche pochi giorni di pioggia; e con gli effetti dei cambiamenti climatici e i disastri di natura idro-geologica che la cronaca quasi quotidianamente ci propone da ogni parte d’Italia, c’è poco da stare allegri. Sono state in effetti queste valutazioni che, nei mesi scorsi, hanno mosso varie parti politiche a contestare il Progetto Liris e a prendere iniziative varie, di cui oggi ciascuno rivendica i meriti.
Ma la domanda è: adesso cosa succederà? Intanto, qualcuno dovrà rispondere penalmente dei reati contestati, che sono in ordine – a quanto sembra – a mancate autorizzazioni, tali da rendere abusivo il manufatto. Ma c’è anche un altro rischio di cui il Comune di Sora dovrà rispondere: la mancata conclusione dell’opera genererebbe la perdita del finanziamento europeo ottenuto tramite la Regione Lazio. E, in effetti, il cantiere non è ancora chiuso, c’è ancora qualcosa da fare laggiù. Ma, con il sequestro, nessuno può mettervi mano. A meno che, non venga chiesto ed ottenuto il dissequestro del manufatto.
Sandra Raggi