Da quel ponte, siamo caduti tutti. L’acqua gelida ci ha ingoiato e ci ha portati via, trascinati incoscenti e inermi.
Il fatto di cronaca che si è registrato a Sora in queste ultime ore ha sconvolto la comunità e ci ha lasciato tante domande. Una donna, insegnante, conosciuta e ben voluta, con il sorriso sempre pronto, ha affidato a un telefonino i suoi ultimi pensieri, la sua disperazione. Poi, è volata giù, nell’oblio di un Liri gonfio e impetuoso, sotto gli occhi di un passante, che, pur accortosi dell’imminente tragedia, nulla ha potuto per evitarla.
Inutili gli immediati soccorsi, l’imponente dispiegamento di uomini e mezzi. Ore di angoscia per tutti, familiari, conoscenti, semplici cittadini, fino al macabro rinvenimento l’indomani, dopo un viaggio, l’ultimo, durato fino ad Isola del Liri, sotto la cascata.
E’ arrivato tutto DOPO. I soccorsi, le ricerche, la preoccupazione, il dolore, l’incredulità, la tristezza. Come quando si vuole correre ai ripari nell’emergenza, ma ormai il dado è tratto. Quante volte capita nella nostra società (ed oggi è toccato alla nostra comunità locale) di prendere provvedimenti, agire, intervenire DOPO!?
Ma PRIMA, dove siamo stati tutti? Quante volte sentiamo, ma non ascoltiamo? Guardiamo, ma non vediamo? Quante volte non sappiamo tendere una mano, aiutare, guardare negli occhi chi ci parla? Quanto ci costa chiedere: “Come stai?” e saper andare oltre quella risposta: “Bene”, perchè non abbiamo tempo, forse non ci interessa veramente ed ognuno deve pensare ai guai suoi.
Poi, DOPO, capita di ritrovarci tutti sul ciglio del muraglione e capire che, insieme ad una donna, è affogato il nostro istinto di animali sociali, il tessuto che ci lega l’uno all’altro.