di Gianni Fabrizio
Il ricordo e la memoria, la presenza attiva, la dignità della popolazione, l’organizzazione dell’emergenza, la preparazione e la prevenzione, l’accoglienza e la solidarietà. Tutto questo, ed altro ancora, furono i momenti che seguirono, 40 anni fa, il terremoto del Friuli. Anche la Chiesa di Sora, Aquino e Pontecorvo, tramite la Caritas Diocesana, guidata allora da mons. Antonio Lecce, fu protagonista di immediati aiuti e di stretta e concreta vicinanza. Per ricordare quell’evento lo stesso don Antonio Lecce e don Akuino Toma Teofilo, ex ed attuale direttore della Caritas di Sora, Cassino, Aquino, Pontecorvo, sono stati invitati dall’Arcivescovo di Udine a partecipare alla “memoria” nei giorni 5 e 6 maggio e si sono recati in Friuli, portando anche il saluto di mons. Gerardo Antonazzo. Alla diocesi di Sora, nel maggio del 1976, la Caritas nazionale “affidò” la zona di Avasinis. E fu un “gemellaggio” serio, significativo e ricco di emozioni e di opere necessarie.
Il ricordo di quei giorni e la recente visita in Friuli,ce li illustra lo stesso don Antonio Lecce. “La fede è la roba più grande della vita”. Ricordavo, afferma don Antonio, la voce di don Paolo Varutti, per gli amici e i parrocchiani di Avasinis il “prè Pauli”, quando se ne usciva con questa affermazione, ma leggerla impressa sul marmo della sua tomba nel cimitero di Bordano, ha provocato in me una fortissima emozione, che mi ha spinto a mettermi in ginocchio e mi ha totalmente reso incapace per qualche minuto di formulare qualsiasi preghiera. Il secondo dei due “giorni della memoria” del terremoto che nel 1976 sconvolse il Friuli era iniziato per me, che nel 1976 avevo dato vita al gemellaggio con Avasinis, dietro specifico incarico del vescovo Mons. Carlo Minchiatti, e per don Akuino, attuale Direttore della Caritas Diocesana, con la visita ai due paesi legati alla nostra Diocesi con il patto di gemellaggio, Bordano e Avasinis. Suor Fides, la suora che assicura una presenza costante nelle due comunità unitamente al vecchio parroco don Giulio Ziraldo, è venuta a prelevarci all’Hotel Carnia e ci ha fatto fare il giro dei paesi “ di là da l’aghe”, cioè Trasaghis con le sue frazioni, i luoghi più vicini al Monte Simeone, epicentro del sisma. La prima visita è riservata al cimitero di Bordano, alla tomba del prè Pauli. Quanti ricordi, quante emozioni! La sua voce calda e vibrante, la sua attenzione alla povera gente rimasta senza niente, la sua alta spiritualità sacerdotale, la sua amicizia …. Il suo ricordo è legato alla visita delle baracche con la gente che non era stata portata a Lignano, alla Messa celebrata nella grande baracca da lui fatta costruire con i primi soldi del nostro gemellaggio, alla celebrazione del sacramento della Cresima fatta da mons. Carlo Minchiatti ad una decina di ragazzi di Avasinis, agli scambi delle visite, agli interventi nelle assemblee di clero. Anzi, ricordo che la partecipazione di mons. Carlo Minchiatti ad una infuocata assemblea del clero friulano fece maturare la convocazione di un’assemblea del clero di Sora, Aquino e Pontecorvo in Villa Grancassa di S. Donato V. C.. Dovevamo andare però ad Avasinis, nella ricostruita chiesa di S. Nicolò, la sua Chiesa, per mettere maggiormente a fuoco la personalità e l’opera di don Paolo. Nel giro del paese ci hanno accompagnato due degli allora giovani che lo stesso don Paolo portò in una delle sue visite a Sora, si sono unite altre persone e alcuni dei “cresimati” del 1976. Grande gentilezza, ospitalità, cordialità. “Il Friuli non dimentica” : ne abbiamo fatto esperienza ad Avasinis quella mattina del 6 maggio. La visita era iniziata nel pomeriggio del 5, quando le delegazioni delle Diocesi gemellate con i vescovi ed i delegati, sono state portate al duomo di Gemona per la solenne concelebrazione. Il Duomo aveva subito gravissimi danni; durante le fasi della ricostruzione lo avevamo visitato in due o tre occasioni con don Domenico Del Vecchio, don Bruno Antonellis e don Francesco Del Bove. Ora appare in tutta la sua antica bellezza, e mostra ancora le sue ferite nelle colonne, lasciate con i segni visibili del terremoto. Nella Chiesa gremita dal popolo, dai sindaci e dalle autorità, l’Arcivescovo di Udine e una quindicina di Vescovi, accompagnati da numerosi sacerdoti provenienti da tutta l’Italia, hanno pregato, unendo il latino, l’italiano e il friulano nella lode corale al Dio ricco di misericordia. E’ stato particolarmente apprezzato il canto dell’Alleluia che sembrava riecheggiare i canti delle valli alpine e l’ultimo canto, il Magnificat in friulano, cantato da tutto un popolo commosso. Abbiamo recitato la professione di fede con il Credo di Aquileia, ma in italiano, il che non è piaciuto a qualche vecchio prete friulano che avrebbe voluto proclamarlo in friulano. La nostra visita si è conclusa in due “stazioni” presso il Comune capoluogo, Trasaghis. Dapprima al cimitero, con una concelebrazione presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, che nel 1976 era stato tra i primi soccorritori, poi gemellato con Peonis come delegato della Diocesi di Firenze. Quindi è stata la volta della Sala consiliare del Comune, totalmente ricostruita, ad ospitare i rappresentanti delle Istituzioni, Enti, Associazioni impegnate nel dopo terremoto nella vicinanza operosa alle famiglie e alle comunità colpite. E qui ho avuto il piacere di ritirare dalle mani del Sindaco di Trasaghis il riconoscimento per gli aiuti offerti dalla nostra Diocesi ad Avasinis, tramite la Caritas diocesana e Caritas Italiana. Una visita troppo breve, tanto che gli amici di Avasinis ci hanno salutato con l’impegno ad una seconda visita, distesa in un arco di tempo più lungo, per rinsaldare l’amicizia e rinnovare il patto di solidarietà. Un ultimo ricordo, aggiunge don Antonio Lecce. Un mese dopo il terremoto del maggio 1984 che interessò il nostro territorio, mi sento chiamare al telefono dal “prè Pauli”: si scusava perché non si era fatto vivo, ma era in ospedale per aver subito l’asportazione di un rene malato. “Mi dicono, diceva scherzosamente, che si vive bene anche con un solo rene”. Purtroppo anche l’altro rene è andato a male e non abbiamo più sentito la sua voce. Ma la sua memoria rimane, e anche le giovani generazioni di Avasinis e di Bordano conoscono la sua storia, il suo coraggio, la sua intelligenza, il suo amore per Dio e il popolo. Grazie, caro Paolo, per l’esempio di fedeltà sacerdotale che allora hai dato a me, giovane prete alla ricerca di figure solide spiritualmente e umanamente, nel panorama multi variegato dei preti post-conciliari”. Don Antonio Lecce ha pure accompagnato i seminaristi di Sora nel luglio del 1979 ad Avasinis nella “grande gita”. La lezione di don Paolo sull’impiego dei soldi del gemellaggio, più di 17 milioni tramite Caritas Italiana e più di 5 milioni direttamente, è stata proverbiale ed una lezione di vita. Quindi non soldi a pioggia, ma mirati: costruzione della baracca/chiesa/centro sociale; martello pneumatico per i piccoli lavori; contributo alla latteria sociale, per far ripartire il lavoro delle stalle e degli allevatori. Concretezza e fede.