La crisi economica e finanziaria che sta travolgendo le società occidentali sta presentando un conto salatissimo per la collettività. La cartina al tornasole di questa situazione insostenibile è data dal numero dei suicidi causati dalla disperazione di chi ha perso ogni speranza del futuro. Chi pensava che tutto si sarebbe risolto ricorrendo alla gestione tecnocratica dell’eccezionalità, che avrebbe rimesso in moto il meccanismo della crescita o quantomeno attenuato gli effetti del calo produttivo e dei consumi, ha commesso un enorme errore di valutazione. Migliaia di esuberi, non accompagnati da rinnovati piani industriali, la chiusura di stabilimenti e la definitiva scomparsa dei loro indotti sono il panorama normale della nostra disastrata economia. La maggior parte delle aziende stanno esaurendo le ultime risorse previste con gli ammortizzatori sociali con conseguenze ad oggi non ancora quantificabili nella loro dimensione mortifera. Il conto sociale è davvero pesante: chi ancora possiede un lavoro rischia di perderlo e chi non lo ha, ha sempre minori possibilità di trovarlo. Non può essere lo spread, l’unico parametro che condiziona le scelte della politica economica anche perchè tra alti e bassi rimane comunque alto a causa delle speculazioni finanziarie. E allora un interrogativo sorge spontaneo: possibile che la politica non trovi le giuste soluzioni per dare una spinta all’economia reale mantenendo i diritti garantiti dalla Costituzione? È chiaro che solo la politica può dare le risposte attese realizzando un progetto organico generale con al centro del proprio agire il lavoro, l’ambiente, la formazione, il welfare e la legalità. Invece, purtroppo anche a livello locale, nei partiti che dovrebbero guidare questi processi assistiamo a guerre tra bande condotte dai soliti Rais, che non hanno altro scopo che quello di perpetuare il proprio potere, facendo sembrare importante solo le postazioni: dando o togliendo fiducia al segretario di turno. Ma io continuo a sostenere che non è la politica sbagliata ma nella maggior parte dei casi sono fuori dal tempo i loro IMPRESENTABILI interpreti. Sono altrettanto convinto però che in questa drammatica situazione ogni componente ed ogni espressione della società debbano fare molto di più: può vincere solo un paese solidale e coeso in cui i diritti non vengono cancellati e le persone non vengono lasciate sole. Noi siamo convinti che una crisi di queste dimensioni si risolve con la solidarietà per tutti e la partecipazione di tutti. Dobbiamo essere tutti consapevoli che salvare il lavoro è la condizione unica ed essenziale per salvare il paese e l’Europa.