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‘QUESTIONE OSPEDALE’, ENZO DI STEFANO: “UN SILENZIO INSPIEGABILE”

Un silenzio inspiegabile sembra calato sulle sorti immediate dell’ospedale SS. Trinità. I mesi estivi stanno determinando il depotenziamento temporaneo di alcuni reparti essenziali per la struttura, come Ortopedia e Pediatria. Tutto ciò, soprattutto in seguito al grande movimento di protesta delle scorse settimane culminato con l’incontro con il governatore Zingaretti, ha l’amaro sapore della beffa.

Quella che sembrava la giornata della salvezza dell’ospedale (tra l’altro senza nessun documento scritto che lo attestasse o che, quantomeno, chiarisse le buone intenzione della Regione Lazio e dell’Asl) è ormai diventata un ricordo lontano e sbiadito. Tutti i nostri timori, tutte quelle paure generate dal rischio dell’ondata di chiusure estive, che avevano innescato la protesta, oggi sono diventate realtà. Alla luce di quanto esposto, allora, non posso che ribadire il mio appello, lanciato anche pochi giorni fa, affinchè non si abbandoni in nessun modo la battaglia.

Le proteste, le fiaccolate, gli scioperi della fame: evidentemente tutto ciò non è servito, se alla fine della fiera ci ritroviamo con un ospedale che, nei prossimi mesi, sarà costretto a viaggiare a mezzo servizio, con grave danno per il diritto alla salute dei cittadini del vasto bacino d’utenza. Lo avevo detto: la lotta è appena iniziata. Occorre, arrivati a questo punto, adottare una strategia diversa di protesta e confronto, anche andando a livelli più alti. Ad ogni modo, di qualunque strategia si tratti, questa non potrà prescindere da una presa di posizione durissima da parte di tutti i sindaci, che a mio giudizio devono tornare a vedersi quanto prima per dare un concreto seguito a questa vicenda. È l’unico modo per richiamare i vertici decisionali alle loro responsabilità in merito ad una questione che sta letteralmente mortificando il nostro territorio.

La salvezza del SS. Trinità sta rischiando di diventare una presa in giro per tutti noi: intraprendiamo un nuovo percorso affinchè, in Regione come all’Asl, capiscano di non poter relegare in secondo piano un patrimonio così prezioso.