L’11 marzo è la giornata indicata all’interno dell’Unione Europea per alimentare la memoria delle Vittime del terrorismo internazionale. Questa data è stata scelta in ricordo dell’anniversario del terribile attacco terroristico che scosse Madrid proprio l’11 marzo del 2004. A tre giorni dalle Elezioni Nazionali 10 zaini carichi di esplosivo furono fatti esplodere su 4 treni regionali. Il bilancio fu tremendo: 191 morti e 2057 feriti. Ricordare il loro sacrificio non è solo un impegno di civiltà ma anche un’eredità per le generazioni future, affinché possano trarre dalla memoria degli insegnamenti. Storie di uomini e donne che hanno perso la vita a causa di un cortocircuito delle menti di altri uomini nutrite da fanatismo, antisemitismo, fondamentalismo, xenofobia e pregiudizi, sono storie che servono a far sentire le loro voci di Vittime e ad aiutare i loro familiari a condividere il dolore ed a colmare il vuoto provocato da atti insensati di inaudita violenza.
Per il terrorista, «il delitto di sangue è, innanzitutto, un racconto, un modo di riportare i fatti», il frutto di quel percorso educativo definito “pedagogia dell’intolleranza”, cioè un processo interpretativo distorsivo della realtà che si conclude con il compimento dell’attentato. L’atmosfera terribile che ha aperto il 2015 con quanto accaduto alla redazione di Charlie Hebdo rende la circostanza attualissima e sicuramente rimarranno indelebili nella memoria di molti di noi i ricordi di quei giorni. Al di là di qualsiasi interpretazione ideologica possibile, gli attentati in Francia hanno causato morti e feriti, costringendo l’Europa ad affrontare la vulnerabilità del proprio sistema sicurezza, costringendo tutti gli stati a riflessioni ineludibili ed all’adozione di misure conseguenti. La minaccia non è finita, come vediamo quotidianamente e la prima reazione della comunità di popoli europei è stata emozionale, scegliendo di riversarsi per le strade per dimostrare il proprio sgomento. Siamo stati ormai abituati a sentire la nostra Roma non più definita “Caput mundi” bensì “capitale degli infedeli”, a voler sottolineare da parte dei fondamentalisti ’intento estirpatore delle radici identitarie della civiltà occidentale, che da sempre ha considerato Roma l’ombelico del mondo, religioso e culturale. Stupisce che ci si preoccupi della minaccia rappresentata dal terrorismo soltanto sull’onda emotiva del post attentato. La migliore difesa è certamente la prevenzione, che non va assolutamente intesa come una minaccia per la libertà dei cittadini essendo attuabile soltanto attraverso forme di controllo. Sono convinta che sia il contrario: il primo diritto dell’uomo è il cosiddetto “diritto dei diritti”, cioè il diritto alla vita e ad ogni forma di tutela della stessa contro il tentativo del terrorismo di insinuare il germe del sentimento del terrore nella nostra società. Ma anche il ricordo ha un suo valore.
Il testimone narra di vicende, il cui valore etico supera quello ideologico che le ha cagionate, dimostrando il potere omicida dell’ideologia sulla quale si basa ogni terrorismo il cui scopo è la disumanizzazione del nemico politico, religioso o ideologico che sia. Tuttavia, non dobbiamo cadere nel facile sillogismo che porta a far coincidere terrorismo di natura religiosa con la religione stessa. Se l’obiettivo è quello di far in modo che le radici dell’estremismo, del fondamentalismo e dell’odio cedano il posto al rispetto ed all’accettazione delle identità differenti, è pur vero che qualsiasi soluzione al problema deve partire dalla consapevolezza che il terrorismo islamico, che oggiappare la minaccia più imminente sull’Europa tra le minacce terroristiche possibili, nasce dal totale rigetto del modello proposto dalla società occidentale. Ho una certezza, che nessuna minaccia possa farci rinunciare ad essere uomini liberi nella società moderna che abbiamo costruito con millenni di storia e la voce e la memoria delle vittime possono essere “armi pacifiche” per contrastare l’intento del terrorismo di annientare le menti oscurandole con la violenza. Proprio con lo scopo di alimentare il ricordo di quanti hanno pagato con la propria vita l’11 marzo tante candele saranno accese contemporaneamente in tutta Italia come riconoscimento alla loro memoria ed al dolore dei familiari. Nella stessa giornata verrà consegnata una targa commemorativa ai genitori di Benedetta Ciaccia, l’unica ragazza italiana morta negli attentati di Londra del 7 luglio 2005. L a ragazza trentunenne romana, viveva a Norfolk e lavorava nella City di Londra come Business analyst. Figlia amatissima è una martire del terrorismo: viveva per il lavoro ed il fidanzato, una ragazza con la testa sulle spalle morta per le logiche dell’ideologia malata.
Martina Sperduti
Referente Provinciale Dipartimento Tutela Vittime della Violenza di Fdi-An e Responsabile provinciale Pari Opportunità di Fdi-An