Lo sapevate che… per dissalare l’acqua marina, si può utilizzare il metodo dell’osmosi inversa. Sul nostro pianeta, il 98% dell’acqua è salata. Si trova nei mari e negli oceani, e a causa dell’elevata quantità di sali in essa disciolti non può essere utilizzata direttamente nelle industrie, in agricoltura o nei sistemi idrici che portano acqua potabile nei centri abitati. Il restante 2% è composto da acqua dolce, la maggior parte della quale si trova stoccata nelle grandi calotte polari, nei ghiacciai e nel sottosuolo. A causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento, oggi un quinto della popolazione mondiale si trova a dover fare i conti con una ingente carenza di acqua potabile e le Nazioni Unite stimano che entro il 2030 il problema riguarderà circa il 40% degli abitanti della Terra.
Per questo motivo, in molte zone del mondo la dissalazione a osmosi inversa rappresenta un modo per ottenere acqua dolce dall’acqua salata. L’osmosi è un processo fisico che interessa due liquidi, aventi al loro interno concentrazioni di soluti diverse, e messi a contatto tra loro attraverso una membrana semipermeabile, che lascia passare l’acqua ma non i sali. Quando questo accade, il liquido con minor concentrazione di soluti tenderà a muoversi spontaneamente verso il liquido con la maggiore concentrazione di soluti. L’acqua dolce si sposterà quindi verso l’acqua salata, fino al raggiungimento di un equilibrio tra le due soluzioni. Nell’osmosi inversa accade il contrario. Il solvente a maggior concentrazione di soluti, nel nostro caso l’acqua salata, viene spinto attraverso la membrana semipermeabile fino a raggiungere il solvente a minor concentrazione di soluti. Non si tratta di un processo spontaneo e richiede energia per essere messo in pratica.
Dopo aver prelevato l’acqua dal mare, si effettua un primo trattamento per filtrare le impurità di maggiori dimensioni, poi l’acqua viene sottoposta a forti pressioni e forzata attraverso una membrana semipermeabile che lascia passare solo l’acqua e funge da filtro per i sali in essa disciolti. Al termine di questo processo l’acqua desalinizzata viene remineralizzata in apposite cisterne di miscelazione e poi è pronta per essere pompata nei sistemi idrici cittadini.
La quantità di energia necessaria per la dissalazione a osmosi inversa dipende innanzitutto dalla salinità dell’acqua: più sale ci sarà, più energia sarà necessaria e viceversa. L’energia minima richiesta per dissalare acque salmastre, con le migliori tecnologie al momento esistenti, è di circa 0.06 kWh per 1 m³ di acqua mentre per l’acqua salata, proveniente da mari e oceani, l’energia richiesta è maggiore e i valori gravitano tra 1.56 kWh e 4 kWh per 1 m³ di acqua. I costi di dissalazione a osmosi inversa si attestano attorno a 1 dollaro/m³, ma dipendono comunque dal e dal costo dell’energia. Questo perché lo scambiatore di pressione, che permette all’acqua salata di attraversare la membrana semipermanente, impiega una certa energia per funzionare. In Italia, secondo i dati disponibili riferiti a luglio 2022, desalinizzare l’acqua salata costa dai 2 ai 3 euro/m³.
Nel processo di dissalazione per osmosi inversa, oltre all’acqua dolce si ottiene un prodotto di scarto, una salamoia, che è data dalla percentuale di acqua salata che non passa attraverso la membrana semipermeabile, e che ha una concentrazione di sali molto elevata, oltre alla presenza di metalli pesanti o molecole di sintesi, dovuti ad un parziale e lento rilascio da parte degli strumenti usati o dei prodotti impiegati per la pulizia degli impianti. Lo smaltimento rappresenta dunque un problema, perché è necessario evitare che si verifichi una eccessiva concentrazione salina in aree limitate. Per questo, si tende a disperdere la salamoia in presenza di forti correnti in modo che la concentrazione si dissolva.
Fonte e foto: Geopop.it