Lo sapevate che Giacomo Boncompagni fu uno dei corrispondenti epistolari di Torquato Tasso? Era il lontano 1579 quando il poeta, scrittore e drammaturgo italiano cinquecentesco, fu internato nell’ospedale di Sant’Anna, per aver gridato alcune frasi ingiuriose (forse legate ancora una volta alla vicenda dell’Inquisizione) contro il Duca di Ferrara, Alfonso II. I sette anni trascorsi nella celebre cella, detta poi “del Tasso”, furono caratterizzati dall’ alternanza di momenti di lucidità e di cupa follia.
Proprio durante questo arco di tempo, scrisse ininterrottamente a principi, prelati, signori ed intellettuali pregandoli di liberarlo e difenderlo. A Giacomo Boncompagni, in particolare, chiedeva di intercedere in suo favore con suo padre, Papa Gregorio XIII e, nel maggio del 1580, a pochi mesi dalla sua reclusione, si rivolgeva a lui scrivendo: “S’io ben mi rammento, quando in Bologna al Santo Ufficio m’appresentai, confessai a l’Inquisitore ch’io come filosofo era stato dubbio nell’immortalità de l’anima, ne la creazion del mondo, e in alcune altre cose […] scrivendo a l’imperatore io ho detto d’aver ebraizzato, e di non avere creduto a l’autorità del papa, e d’essere stato in molte cose non più inclinato a le opinioni de’ cattolici che de’ luterani […]”. Tasso, con queste parole, cercava di spiegare sia le sue ragioni di dubbio, cioè quelle che lo avevano condotto all’autodenuncia dell’Inquisizione, sia l’insieme di eventi che avevano motivato la sua reclusione presso l’ospedale di Sant’Anna.
Non sappiamo come sia nata l’amicizia tra Tasso e Boncompagni ma, con molta probabilità, l’incontro tra i due potrebbe essere avvenuto nel 1574, durante un viaggio del Boncompagni per incontrare Enrico III di Francia, che – proprio in quell’anno – si trovava di passaggio in Italia. In quell’occasione, questi soggiornò a Venezia e a Ferrara. In ambedue le città, ebbe occasione di entrare in contatto con il poeta e di ottenere una copia del madrigale.