Servilio Barea Sorano, nato a Sora nel 10 d.c, fu grande oppositore della corruzione politica e fu condannato a morte da Nerone, nell’anno 66, perchè accusato di aver partecipato alla congiura contro lo stesso imperatore.
Una fonte autorevole come l’enciclopedia Treccani online riporta testualmente: “Sorano, Marcio Barea (lat. Marcius Barea Soranus)- Uomo politico e storico-romano (m. 66 d. C.); console suffetto (52), partecipò, in modo non ben chiaro, alla congiura stoica contro Nerone; fu condannato a morte insieme con la figlia Servilia”.
Un’altra fonte conferma che Servilio Barea Sorano passò alla storia come esempio di tenace opposizione al malcostume e alla corruzione politica dei suoi tempi.
Servilio Barea nacque a Sorae qui intraprese i primi studi di greco e di discipline umanistiche; ancora giovane, si trasferì a Roma, dedicandosi allo studio della filosofia stoica e dell’oratoria.
Grazie alle sue capacità ed alla irreprensibile moralità, percorse rapidamente la carriera degli uffici pubblici, e fu Console suffectus nel 52 d.C. Sposò una nobile matrona romana da cui ebbe una sola figlia di nome Servilia. Successivamente, fu nominato da Nerone Proconsole, cioè Governatore, per la ‘Provincia d’Asia, distinguendosi per giustizia ed integrità.
Accadde però che un tale Acrate, potente liberto di Nerone, tentò di spogliare la città di Pergamo delle sue pregevoli statue e pitture. La città, con l’appoggio di Barea Sorano, seppe resistere a tale rapacità. Ma ciò gli costò la benevolenza di Nerone.
Nel 66 d.C. ritroviamo Barea Sorano a Roma, sottoposto a processo per non avere perseguito i complici della congiura ordita da Gaio Calpurnio Pisone. Contro di lui testimoniò il suo stesso maestro stoico P. Egnazio Celere.
Il processo è ampiamente descritto da Tacito e vi compaiono come accusati anche la figlia Servilia ed il senatore Trasea Peto.
Riferisce Tacito: “Quanto a Barea Sorano, il cavaliere romano Ostorio Sabino aveva chiesto di poterlo accusare all’uscita dal suo proconsolato d’Asia, durante il quale aveva esacerbato i rancori del principe con la sua giustizia e la sua attività, senza contare che s’era adoperato a rendere praticabile il porto di Efeso e aveva assicurato l’impunità alla città di Pergamo, che con la forza aveva impedito al liberto di Cesare, Aerato, di portarsene via statue e quadri.
Comunque, l’accusa si basava sul fatto che egli era amico di Plauto e che nutriva l’ambizioso proposito di attirarsi il favore della provincia in vista d’una rivoluzione. Per pronunciare la condanna fu scelto il momento in cui Tiridate doveva venire a Roma a ricevere la corona d’Armenia, forse perché, essendo la curiosità tutta rivolta alla politica estera, passasse sotto silenzio il delitto interno, o forse per fare sfoggio della potenza imperiale che mandava a morte illustri personaggi, come fosse azione degna d’un re.”
Come già accennato nel processo restò coinvolta anche Servilia, figlia di Barea Sorano, con l’accusa di empietà per aver compiuto dei riti magici contro la persona dell’Imperatore.
Il processo si concluse con la condanna di Trasea, Sorano e Servilia, ai quali fu concessa la facoltà di scegliere di quale morte morire.
[Fonte Wikipedia]
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