Da Sinistra Unita Sora, riceviamo e pubblichiamo:
La vicenda relativa alla celebrazione del “giorno del ricordo” svoltasi presso il Liceo Classico “V. Simoncelli” di Sora ci lascia sgomenti e pone un motivo di riflessione profonda in merito alle iniziative messe in atto in questo giorno. Quella del Liceo di Sora si può segnalare per la sua improprietà in quanto ben lontana dal senso della “formazione/informazione” di cui la legge istitutiva preconizza. Non se ne vuole fare una colpa alla Dirigenza Scolastica che, si spera, sia stata attenta nella scelta delle modalità e dei relatori, ma che è incorsa purtroppo e speriamo, suo malgrado, in uno svarione clamoroso. Tant’è che ritrovarsi all’interno del plesso striscioni e bandiere non è gran cosa. E la cagnara che ne è conseguita, proiettatasi addirittura nell’aula di Montecitorio, sicuramente non dà lustro all’istituzione scolastica e alla città di Sora nel suo complesso, con il teatrino mediatico di una destra arrembante e superficiale che cerca dignità istituzionali altrove dimenticate.
Noi di Sinistra Unita Sora comprendiamo la complessità e le difficoltà in cui incorre chiunque voglia volenterosamente ingegnarsi per porre in essere iniziative dettate dalla legge 30 marzo 2004, n. 92 la quale recita: “1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. E’ evidente però, fin dall’articolo 1, la parzialità con cui si vuole ricordare quello scorcio oscuro di storia nazionale. Infatti saltando a piè pari tutto ciò che generò la triste vicenda della cacciata degli Italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, oggi tranquille aree geografiche della Slovenia e della Croazia, concentra l’attenzione su quelli che sono i ritrovamenti dei resti umani nelle fosse, o foibe, nelle località a nord di Pola e di Trieste. Quelle terre, stremate da anni di occupazione italiana insediatisi all’indomani della fine della prima guerra mondiale, nel ventennio fascista hanno avuto l’apice nell’azione violenta e oltraggiosa messa in atto dal regime per perseguire la cancellazione delle identità territoriali di quelle aree con ogni sorta di violenza perpetrata verso qualunque persona che non fosse italiana.
Tutto ciò all’insegna dell’esortazione di Mussolini dell’anno ‘20: “Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava…non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”. Queste oggettive precisazioni ci obbligano ad un rigore storico e alla precisione e completezza informativa nel mettere a punto ogni iniziativa in merito evitando improvvisazione e presenza di millantatori che ben altri fini hanno che non, invece, reinterpretare in maniera critica e consapevole la storia della nostra nazione.
Le professoresse che si sono opposte alla strumentalizzazione propagandistica nell’occasione di un incontro che avrebbe dovuto ricordare lo strazio patito da esseri umani massacrati “sempre” ingiustamente, sono state le uniche ad aver avuto in quell’occasione la giusta percezione della funzione didattica e commemorativa delle istituzioni scolastiche. Sono loro le uniche ad aver rispettato con dignità e serietà la morte e la sofferenza di esseri umani, che non possono essere oggetto di interrogazioni e propaganda. Al loro rigore educativo e formativo va il nostro rispetto e la nostra solidarietà. Ai morti di ogni nazione e di ogni età, vittime delle follie totalitaristiche, il nostro cordoglio umano sincero e non opportunistico.