— Crì-crì-crì!
— Chi è che mi chiama? — disse Pinocchio tutto impaurito.
— Sono io! —
Pinocchio si voltò, e vide un grosso grillo che saliva lentamente su su per il muro.
— Dimmi, Grillo, e tu chi sei?
— Io sono il Grillo-parlante, e abito in questa stanza da più di cent’anni.
— Oggi però questa stanza è mia — disse il burattino — e se vuoi farmi un vero piacere, vattene
subito, senza nemmeno voltarti indietro.
— Io non me ne andrò di qui, — rispose il Grillo — se prima non ti avrò detto una gran verità.
— Dimmela e spicciati.
— Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori, e che abbandonano capricciosamente la casa
paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
— Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di
qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi
manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io, a dirtela in confidenza, di
studiare non ne ho punto voglia, e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi
a prendere gli uccellini di nido.
– Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro, e che
tutti si piglieranno gioco di te?
— Chetati, Grillaccio del mal’augurio! — gridò Pinocchio.
Ma il Grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo
stesso tono di voce:
— E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti
onestamente un pezzo di pane?
— Vuoi che te lo dica? — replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. — Fra i mestieri
del mondo non ce n’è che uno solo che veramente mi vada a genio.
— E questo mestiere sarebbe?
— Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.
— Per tua regola — disse il Grillo-parlante con la sua solita calma — tutti quelli che fanno codesto
mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.
— Bada, Grillaccio del mal’augurio!… se mi monta la bizza, guai a te!…
— Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!…
— Perché ti faccio compassione?
— Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno.
Collodi