di Stefano Di Palma
Nel periodo 1603-1604 Annibale Carracci (1560-1609) lavora alle lunette raffiguranti le Storie della Vergine per la cappella del Palazzo Aldobrandini eseguendo di sua mano quella con la Fuga in Egitto.
Più dei personaggi sacri è il paesaggio il vero protagonista dell’opera. Come è stato evidenziato, Annibale si concentra sulla resa degli alberi, delle acque, dei monti, del cielo, ossia tutti gli elementi che compongono lo scenario naturale; vi è poi la città chiusa nelle sue mura e le pecore al pascolo in un perfetto connubio tra vita urbana e vita agreste. Il fatto storico-religioso (la fuga in Egitto) si lega così al paesaggio in una visione immaginaria in cui la storia e la natura diventano mito (G. C. ARGAN, 1970).
Con la Fuga in Egitto Annibale Carracci crea uno dei primi paesaggi italiani ispirati alla poetica dell’ideale classico. Nell’ampia veduta fluviale il viaggio della Sacra Famiglia non assume alcun particolare risalto come anche la presenza dei viandanti sullo sfondo che allude ai magi. Assoluto protagonista del dipinto è il “sentimento della natura”, segnata dalla presenza dell’uomo e concepita come ambiente armonico ideale.
Tutti gli espedienti visivi messi in atto dal pittore concorrono nell’affermazione di questo concetto: la profondità prospettica e atmosferica è raggiunta con sapienti tagli spaziali mentre l’attenta selezione dei particolari naturalistici che generano l’ambiente non interrompe il senso di unità emozionale e compositiva dell’immagine (P. DE VECCHI – E. CERCHIARI, 1991).
Nella Fuga in Egitto, l’interesse di Annibale per lo studio del paesaggio, già manifesto nelle opere giovanili e negli affreschi della Galleria Farnese, prevale in assoluto. Proprio qui, in questa ampia e dettagliata descrizione di paese, immerso nella luce naturale, la veduta diviene soggetto principale del dipinto, ed è qui che trae origine il “genere” autonomo del paesaggio, nella sua versione classica eroica che conoscerà grande successo dal secolo XVII e di cui saranno grandi interpreti il Domenichino e l’Albani ma soprattutto i francesi Nicolas Poussin e Claude Lorrain.
Assieme al Barocco e al Naturalismo, il Classicismo costituisce l’altra importante corrente artistica del Seicento. Si tratta di un fenomeno che consiste non tanto nello studio del mondo antico, che in quel tempo era già pratica comune a ogni uomo di cultura, quanto nel perseguire l’ideale classico di bellezza, fatto di ordine e chiarezza, di proporzione e armonia. L’Idea del Bello, come prodotto culturale fondato sulla selezione degli aspetti naturali, secondo l’estetica classicista teorizzata da Giovan Pietro Bellori, verrà a sua volta criticata, in quanto troppo intellettualistica e accademica, con chiaro riferimento all’Accademia dei Carracci. Il classicismo nasce dall’incontro dei capiscuola della pittura bolognese con l’ambiente romano, assume a modello l’opera di Raffaello, privilegia il disegno e l’incisione come metodo per indagare la figura umana nell’intento, appunto, di raggiungere la Bellezza Ideale. Attraverso i citati esponenti il Classicismo si esprime così compiutamente nella pittura di “istorie” e nella pittura di “paesaggio” (F. NEGRI ARNOLDI, 2004).