di Anna Maria Scampone
La vecchia casa scricchiolò sotto l’attacco impietoso del vento gelido. Un brivido freddo percorse le stanze vuote, un sibilo minaccioso ne invase le crepe antiche. Tremule ombre vagarono per ore sussurrando minacciose Sta arrivando! Sta arrivando!
Ludmilla infilò la pesante chiave nella toppa e aprì. Il cigolio si propagò nell’atrio buio, amplificato dalla mancanza di mobili. La donna rabbrividì. Non le era mai piaciuta quella casa! Scrollò le spalle e sorrise. Non sono più una bambina, pensò, e poi ci starò pochissimo qua…il tempo di concludere la vendita! Aveva bisogno di soldi e, senza alcun preavviso, era giunta l’offerta di un acquirente interessato alla vecchia casa. Sarebbe arrivato l’indomani, verso sera. Nel frattempo Ludmilla aveva deciso di alloggiare lì per la notte.
Passò la giornata a pulire, strofinare, sgrassare, raschiare. La casa doveva ben presentarsi affinché il compratore non tirasse sul prezzo. Fece del suo meglio e, stanza dopo stanza, riapparvero le tracce di un passato splendore. Soddisfatta, Ludmilla ammirò il risultato. Era più di quanto si aspettasse. La casa sembrava avesse collaborato per apparire al meglio!
La musica di un carillon echeggiò nell’aria. Ludmilla si irrigidì al centro della stanza. Un soffio di vento caldo le scompigliò i capelli e gonfiò le tende alle finestre. Uno scalpiccio di passi la fece ruotare su sé stessa con il cuore in gola.
«C’è qualcuno?» chiese con voce tremante.
Nessuno le rispose. Si costrinse ad avanzare verso la scala e a salire verso quel suono. Non poteva sottrarsi all’incanto di quella musichetta che aveva accompagnato la sua infanzia, ma non riusciva a capire chi potesse aver azionato il meccanismo del carillon.
Si fermò a metà scalinata e ripeté: «C’è qualcuno?»
Un tonfo sordo accolse le sue parole, seguite da risate cristalline. Restò per un attimo senza respiro, immobile e confusa. Sto immaginando tutto, pensò, sono solo suggestioni! Respirò a fondo, poi riprese a salire. Si fermò di colpo all’apparire di un’ombra sul muro. Sentì la pelle accapponarsi per la paura, mentre vecchi ricordi si riaffacciavano alla sua mente.
«Lilly, Jimmy siete voi?» sussurrò con il cuore in gola.
Dal cono d’ombra del lungo corridoio apparvero dei bambini così somiglianti da sembrare due gocce d’acqua. Avanzarono verso di lei fermandosi a pochi metri di distanza. Ludmilla ansimava e tremava in preda a una crisi di panico. I due bambini la fissarono con rancore. Dopo qualche minuto Lilly tese le mani verso di lei rivelando una larga macchia di sangue sul vestitino bianco. Lo stesso fece Jimmy.
«Ci hai lasciati soli con quell’uomo» l’accusò il bambino.
«Ci avevi promesso che saresti tornata!» proseguì la bambina piagnucolando.
«Lui ci ha fatto del male e tu non c’eri.»
«Ti abbiamo aspettato… e aspettato… e aspettato.»
«Ma tu non sei venuta a salvarci.»
«E ora, eccoti qua, pronta a vendere la nostra casa.»
«Noi non te lo permetteremo mai. Mai, hai capito?»
I bambini cominciarono a girarle intorno, ripetendo le loro accuse, in un ossessionante ritornello.
«No, no, no» gridò la donna. «Non è colpa mia. È lui che non mi ha permesso di tornare!»
«Dovevi tornare, Dovevi fermarlo» risposero all’unisono i due bambini.
Cominciarono a tirarle i capelli e a spintonarla, spingendola inesorabilmente verso la scalinata.
Ludmilla indietreggiò. Il senso di colpa per aver abbandonato i bambini cresceva dentro di lei. All’inizio cercò di difendersi dall’attacco dei due, poi si arrese alle loro percosse.
Merito di essere punita, pensò mentre precipitava per le scale.
Le risate beffarde dei suoi figli l’accompagnarono nella caduta, per poi spegnersi quando rimase inerte, in fondo alla scalinata, con la colonna vertebrale lesionata. Sbarrò gli occhi per cogliere l’ultima fugace immagine della sua casa e così la trovarono.
Il vento freddo percorse le stanze vuote, scompigliò con le sue dita gelide le ragnatele appese negli angoli, sollevò la polvere accumulata ovunque. Su tutto il suono melodico di un carillon nella notte.