Oggi la Chiesa ricorda San Biagio di Sebaste, Martire, ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste, in Armenia, al tempo della “pax” costantiniana. Poco si conosce della vita di San Biagio. Si sa che fu medico e vescovo di Sebaste, in Armenia, e che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori d’Occidente, Costantino e d’Oriente, Licino. Catturato dai Romani, fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo.
Si tratta di un Santo il cui culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica che in quella Ortodossa. Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli, tra gli altri si ricorda quello per cui è conosciuto, ossia, la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi, infatti, il Santo lo si invoca per il mal di gola.
San Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti “santi ausiliatori”, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari, tanto che durante i riti liturgici in suo onore i parroci benedicono le gole dei fedeli. È tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal parroco incrociando due candele benedette nel giorno precedente, festa della Candelora (o anticamente con olio benedetto). Questo rito però, a causa delle attuali disposizioni dovute alla crisi pandemica, dallo scorso anno si limita alla sola benedizione dell’officiante.