A te né le gemme né gli ori
fornisco, o dolce ospite: è vero;
ma fo che ti bastino i fiori
che cogli nel verde sentiero,
nel muro, su le umide crepe,
su l’ispida siepe.
Non reco al tuo desco lo spicchio
fumante di pingue vitella;
ma fo che ti piaccia il radicchio
non senza la tua selvastrella,
con l’ovo che a te mattutina
cantò la gallina.
Per me tu non ari, o poeta,
né vigne sassose, né grasse
maggesi; ma dimmi se più
di vigne e maggesi s’allieta
quel cupo signore, od il passero
garrulo e tu!
Non fragili coppe di Cina,
la lampada d’oro t’irradia;
ma tu la tua scabra cucina
tu ami e la provvida madia;
la fiamma che lustra, tu ami,
sui nitidi rami.
Non hai che dal ciglio ti penda,
né paggio né florida ancella;
ma lieta, ma grata sfaccenda
per te la tua dolce sorella;
che cinge il grembiule, e sorride;
lo scinge e s’asside
con te…E per letto di morte,
che a tutti è sì duro e sì grave,
che cosa ti serbo, sai tu?
Oh! Rose per letto di morte,
cadute dal pruno: il soave
dolore che fu!
Giovanni Pascoli