di Anna Maria Scampone
Izabel si irrigidì, gli occhi sbarrati nella penombra, le orecchie tese a captare i rumori circostanti. Non osava alzare lo sguardo e penetrare con gli occhi l’oscurità che si stava facendo sempre più fitta. Un brivido freddo le percorse la schiena. Qualcuno mi spia, pensò allarmata. Occhiate malevoli, presenze spettrali che trasudavano odio. Sentì addosso un contatto viscido, insieme al gelo che si faceva sempre più pungente. Con mano tremante, tracciò la linea di confine che l’avrebbe protetta. Recitò, a fior di labbra, le antiche formule che la nonna le aveva trasmesso in una notte di plenilunio.
«Io evoco te, o grande Cerchio del Potere. È qui che chiamo i guardiani del Nord, dell’Est, del Sud e dell’Ovest perché essi siano scudo contro la malvagità, bastione contro il male, protezione per me che li invoco.»
Tentò di ignorare il mugghiare furioso che rimbalzava da un angolo all’altro della stanza, fuori dal cerchio in cui si era rinchiusa. La stanchezza le chiuse gli occhi, ma non abbassò la guardia. La mano corse all’amuleto di corallo rosa che le cingeva il collo sottile. Affondò le mani nel sacchetto di iuta che portava sempre con sé, fece scorrere tra le dita i granuli di sale e, ripetendo l’invocazione con voce rotta, eresse un muro invisibile, una cortina invalicabile che la rese intoccabile. Un leggero sudore le imperlò la fronte, mentre sigillava il cerchio magico con pietre e candele. Ne percorse tre volte il perimetro interno per sincerarsi che fosse ben chiuso, poi terminò il rituale, con voce più sicura.
«Al di sopra e al di sotto, questo Cerchio è sigillato.»
Ora si sentiva più tranquilla. Si accovacciò al centro del recinto sacro, la pelle candida illuminata dal riverbero delle candele. Era il momento dell’attesa. Un tanfo di zolfo le serrò la gola, il fetore della putrefazione le riempì le narici. Al di là del cerchio, il guizzo veloce delle anime dannate che tentavano di avventarsi su di lei. Izabel le osservò preoccupata da dietro la folta cortina dei capelli rossi. Inorridì alla vista della moltitudine che si stava radunando ai margini del cerchio. Sapeva che altre ancora ne sarebbero arrivate in quella notte maledetta. Era tutto un vociare e un urlare rabbioso. Imprecazioni, maledizioni, bestemmie, oscenità mai sentite sgorgavano dalle bocche ghignanti, spalancate come fauci di animali feroci. La ragazza portò le mani alle orecchie per non essere costretta a udire, ma fu inutile. Le voci la torturavano e le riempirono la testa di parole di fuoco. Si nutrono della mia paura, diventano più forti, ripeté a sé stessa, devo reagire, seguire il rituale fino in fondo.
Si fece coraggio. Volgendosi verso Est invocò gli antichi Dei dell’Aria. Essi annunciarono la loro presenza con un soffio caldo e umido, un tocco leggero che diventò turbinio e poi vortice violento. Impassibile, Izabel guardò cadere ai suoi piedi decine di anime dannate, falciate dalla furia del vento. Ma altre ne arrivarono, arrampicandosi sui cumuli di ossa ammassate al margine dell’anello protettivo che aveva eretto intorno a sé.
Allora si girò verso Sud e fece appello all’energia della Fiamma Sacra. Il fuoco divampò violento. Osservò le vampe lambire le vesti degli spettri per poi infuriare all’improvviso. Vide i corpi contorcersi e urlare, come le vittime tra le spire di un grosso serpente. Fu investita dall’odore nauseabondo della carne bruciata, inorridì alla vista delle ustioni, fu straziata dalle grida di dolore che proseguirono per un tempo che le sembrò infinito. Poi tutto sembrò placarsi. Ma altri demoni arrivarono, sfuggendo ai lapilli e affondando nella cenere.
Si volse verso Ovest e chiamò la forza dirompente dell’acqua per placare gli incendi e purificare la stanza. L’acqua giunse con una forza di infinita distruzione. Onde minacciose travolsero tutto e inghiottirono, tra i gorghi, le orde di spettri che continuavano ad avanzare. Altri però ne arrivarono, una moltitudine urlante che sembrava non avere mai fine. Si facevano largo a fatica, scansando con abilità i mulinelli più insidiosi.
Quindi Izabel si girò verso il Nord, chiedendo all’Energia vivente della Terra di intervenire. Una cortina di piante crebbe intorno a lei, lungo il confine che aveva tracciato, riparandola dagli ultimi assalti. Al di là del cerchio si aprì una voragine e, mentre albeggiava, la Terra inghiottì le ultime anime dannate.
“Oh, Voi Spiriti dell’Aria, dell’Acqua, del Fuoco e della Terra” intonò Izabel “Vi ringrazio del Vostro intervento. Che la pace tra Noi regni in ogni momento”.
Uscì dal cerchio magico, si diresse verso la porta e se ne andò, senza girarsi mai.
La sua iniziazione era finita.