di Maria Laura Canori
La nostra provincia conosce una grande attività teatrale amatoriale. Oggi, si parla spesso di crisi del teatro e ci si può quindi domandare come riesca a sopravvivere così bene qui da noi. Lo abbiamo domandato a Piergiorgio Sperduti, laureato in Studi teatrali all’Università dell’Aquila e direttore artistico del corso di teatro d’Arte “La valigia di Prospero”.
Mentre il teatro dei professionisti ha abbandonato le nostre zone, quello amatoriale è ancora oggi molto vivo: quali sono i motivi di questa vivacità culturale?
«Io preferisco parlare di vivacità del teatro, senza dividerlo in teatro dei professionisti e degli amatori. La nostra zona è storicamente legata a Napoli, che è da sempre uno dei centri teatrali della penisola: l’amore della nostra società per il teatro è soprattutto legato a questo e ciò spiega anche perché molta della produzione teatrale locale sia in dialetto napoletano e non delle nostre zone. Valle del Liri, Valle Roveto e Valcomino sono effettivamente ricchissime di compagnie amatoriali. Ho avuto modo di indagare questa situazione con un certo interesse ed ho trovato che la forza di una compagnia risiede, spesso, nel radicamento al proprio territorio (parlo di un pubblico amico che segue con affezione le date delle recite). La nostra zona presenta molti comuni in rapporto strettissimo tra loro. Per farla breve, i comuni delle nostre tre valli rappresentano una rete adattissima alla circolazione locale degli spettacoli e questa è certo la principale spiegazione del numero di compagnie che conosciamo».
Quale tipo di teatro viene più spesso rappresentato dalle nostre parti?
«La gran parte degli spettacoli delle compagnie locali proviene dalla tradizione napoletana. Inoltre, anche quando si usa il vernacolo locale il tipo di commedie rappresentate da noi è di tradizione campana: farse con protagonisti guappi, vaiasse, intrecci comici amorosi, ovvero tutte cose provenienti dal teatro napoletano. Certo, non mancano altri tipi di rappresentazioni ma il loro numero, paragonato a quello del genere dominante, è davvero trascurabile».
Quando si rappresentano gli spettacoli?
«Il teatro locale è ancora molto legato, come in passato, ai periodi della festa e quindi soprattutto Natale e l’ultimo periodo dell’estate. Questa è una cosa che viene da un passato molto remoto».
Lei ha detto che non fa distinzione tra teatro professionale e amatoriale, eppure dev’esserci una differenza: ce la potrebbe spiegare?
«Il teatro, pur suddiviso in molti generi, è uno solo. In Italia il teatro dei professionisti è soprattutto quello delle compagnie dei teatri stabili finanziati dallo Stato. Il teatro amatoriale è, invece, principalmente quello delle associazioni culturali che recitano per diletto e non guadagnano dai loro spettacoli. Mi sento, però, di aggiungere che esiste un’altra importante differenza fra gli attori professionisti e gli attori amatoriali: oggi gli attori professionisti affrontano la crisi del loro teatro e la disaffezione generale del pubblico, mentre gli attori amatoriali continuano a fare un’arte molto apprezzata e richiesta».
Secondo lei è importante fare teatro almeno una volta nella vita? E cosa aggiunge alla formazione della persona?
«Un essere umano può sopravvivere anche senza arte ma, come dice il proverbio, “Non si vive di solo pane”. L’arte insegna, ingentilisce. Non mi sento di dire che il teatro faccia tutto ciò meglio della musica, della pittura o delle altre arti, però è particolarmente bello e vivace perché è un’arte sociale ovvero si fa in più persone ed è fruito contemporaneamente da un vasto pubblico. Ciò lo rende un servizio di pubblico interesse, senza il quale la società potrebbe sopravvivere ma sarebbe senz’altro peggiore e questo è vero, in Occidente, addirittura fin dai tempi dell’antica Grecia».
– Foto che ritrae Piergiorgio Sperduti tratta dal profilo Facebook Corso di teatro d’Arte “La valigia di Prospero” –