Siamo a pochi giorni dalla messa in onda delle prime puntate della nuova stagione della fiction Gomorra, serie tv ispirata all’omonimo romanzo di Roberto Saviano, che rivive le vicende di alcuni clan legati alla camorra.
In primo luogo, essendo quello di Gomorra un successo televisivo mondiale, è importante evidenziare come, di fatto, tale fiction abbia portato nelle nostre case un nuovo modo di concepire la mafia.
Alcune riflessioni solo sulla prima serie – visto che ad oggi sono state trasmesse solo le prime due puntate e non abbiamo alcuna intenzione di fare spoiler – sono dovute.
La serie tv Gomorra, un po’ come lo è stata Romanzo Criminale, è stata in grado di creare dei “miti” intorno a quei soggetti protagonisti, ispirati da soggetti realmente esistiti.
La serie tv, infatti, grazie alle perfette interpretazioni degli attori coinvolti, ripropone faide tra clan e storie di malaffare, anche internazionale, creando un rapporto quasi empatico con lo spettatore, il quale, spesse volte, assume atteggiamenti o affermazioni provenienti dalla serie, si spera con consapevolezza.
Indubbiamente, ciò che nella prima stagione più colpisce le coscienze degli spettatori è la storia di Manu, la ragazza di 22 anni, torturata, uccisa con un colpo di pistola alla testa e poi bruciata nel quartiere di Secondigliano.
Purtroppo, è una storia vera, come tante altre presenti nella fiction, avvenuta nel novembre del 2004.
La ragazza, dal nome Gelsomina Verde, è stata uccisa perché secondo le ricostruzioni, avrebbe frequentato un ragazzo che decise di abbandonare il clan di cui faceva parte e di non aiutare la Camorra dando le informazioni richieste. Per questa vicenda, c’è stata una condanna all’ergastolo dell’esecutore materiale dell’omicidio e un risarcimento danni alla famiglia della ragazza da parte del mandante.
Il fratello di Gelsomina Verde, Francesco Verde, attraverso numerose interviste rilasciate dopo esser stato scarcerato poiché coinvolto per un periodo della sua vita nel malaffare napoletano, ha istituito insieme al padre e agli amici della sorella brutalmente uccisa, un’associazione di volontariato dal nome “Progetto per la vita” che promuove la clown terapia e altri tipi di attività per il sociale, di cui Napoli ha certamente bisogno, forse più di ingenti schieramenti di polizia ed esercito.
Le cronache dei telegiornali italiani ci hanno abituato ad una Gomorra quotidiana, in cui – nella zona del Napoletano – accade veramente di tutto: da donne bruciate vive a bambini violentati e gettati dai palazzi.
Anche nel territorio del Frusinate e del Cassinate, risulta la presenza di clan legati alla Camorra, ma in altre modalità rispetto a quanto raccontato in Gomorra.
Certo, è appassionante vedere una serie tv del genere comodamente da casa, ma – una volta terminata la visione -ricordiamoci che se Gomorra esiste prima come libro, poi come film e poi come serie tv, è perché Gomorra esiste davvero, e di spettacolo non c’è proprio niente, anzi c’è solo da riflettere.
Alessio Donfrancesco