Sono passati due mesi dal brutto infortunio alla mano di Giuseppe Patriarca e dall’intervento di riduzione con placca e viti della frattura spiroide plurima della falange prossimale del quarto dito dell’arto sinistro con accorciamento della falange prossimale. La prognosi di quarantacinque giorni è stata rispettata e ora il capitano della Globo Banca Popolare del Frusinate Sora è tornato a pieno ritmo a condividere la quotidianità con la sua squadra.
Come ti senti?
“Dal punto di vista strettamente legato all’infortunio la tempistica è stata pienamente rispettata soprattutto per quanto riguarda il discorso biologico della frattura che si è risanata anche prima dei quarantacinque giorni, a livello meccanico attivo di mobilità strettamente legata al dito ancora c’è qualche problema nella massima estensione e flessione, passivamente invece riesco a fare tutto il movimento. Per il resto è come trovarsi punto e a capo, come se fosse il 16 di agosto giorno di inizio preparazione. Purtroppo è andata così: ho fatto due mesi di preparazione, cinque partite, di nuovo un mese e mezzo di preparazione e adesso si ricomincia”.
Come hai vissuto l’infortunio?
“Male! Mia moglie in un momento di sofferenza-lamento mi ha detto “non ti ricordi quando ti sei infortunato alla spalla?” ed effettivamente sono passati 12 anni durante i quali ho rimosso completamente il ricordo del dolore. Ma soprattutto era dal 2001 che non saltavo una partita! Mai più stato fermo neanche per una febbre, un dolore, un acciacco, quindi ritrovarmi a saltare 8 gare per me è stato un duro colpo”.
Cosa ti è mancato di più in questi giorni?
“La tranquillità. Da sempre mi infastidisce il ritmo giornata dell’infortunato: terapia al mattino e poi fasciature varie, allenamento a mezzo servizio, e poi di nuovo terapia nel pomeriggio, corri al controllo, scappa in palestra, sequestra il fisioterapista, fasciature e poi di nuovo allenamento a spizzichi e bocconi. Questo è davvero stressante!
Com’è stato guardare i tuoi compagni dal di fuori?
“Brutto perché ti senti inutile. Tutto lo staff è stato bravissimo a coinvolgermi per quanto riguarda la comunicazione con la panchina, i consigli ai miei compagni, lo studio delle gare, insomma per tutta quella che è la parte teorica. Però io sono un atleta e questo non è servito a colmare il vuoto lasciato dalla palla e dal campo”.
Con le ottime prestazioni delle ultime sette gare vinte, da capitano sei orgoglioso dei tuoi ragazzi?
“È evidente che la squadra è cresciuta come avevamo già preventivato a inizio anno in considerazione anche del fatto che eravamo dodici nuovi giocatori. Inoltre c’era anche il fattore calendario che da una prima analisi sembrava più duro nella parte iniziale del campionato e così è stato. Poi c’è il rammarico della Semifinale di Coppa Italia…”.
Hai avuto due sostituti in campo, uno per i tuoi gradi da capitano, Francesco Fortunato, e l’altro nel tuo ruolo di schiacciatore-ricevitore, Claudio Paris.
“Partendo dal presupposto che tutta la mia carriera sportiva l’ho vissuta sia da settimo uomo che da protagonista perché è proprio lo sport a essere così, io non ho mai parlato e non mi piace farlo, di sostituti, ragionando sempre “di squadra”. Credo che ognuno abbia il suo posto in un gruppo e debba sempre e comunque cercare di rispettarlo e Claudio lo ha fatto nel miglior modo possibile e altrettanto Scott (Fortunato). Non mi piace parlare di un giocatore che ne sostituisce un altro: semplicemente ci sono momenti nei quali il tuo posto nel gruppo diventa un altro e l’importante è che ognuno sappia cosa deve fare nel pieno rispetto delle regole. Paris aveva già giocato da titolare altre partite di A2 con il Club Italia, è ovvio che qui ha altri tipi di pressione e compagni diversi con esigenze diverse, ma lui ha interpretato benissimo il suo ruolo ed è stato molto bravo. Francesco Fortunato invece ha usato molto bene i gradi anche se gli sono costati il primo cartellino della sua carriera, quindi tra i due quello senza macchia ora rimango solo io”.
Nel frattempo sei diventato papà per la seconda volta, un periodo di gioia e dolore.
“Quando è nato Giorgio, lo scorso 24 dicembre, ho pensato – speriamo che questa nascita mi faccia mettere un punto per andare a capo -. I periodi con gli acciacchetti capitano e gestendo al meglio il fisico si superano tranquillamente, però questo infortunio dalla grande entità è stato pesante da sopportare quindi ho deciso di ripartire dalla positività e dalla felicità che ha portato la nascita del mio secondo genito”.