La giornata fu istituita nel 1995 a seguito dell’Assemblea ONU di Copenaghen per ricordare ai governanti l’importanza dello sviluppo sociale che contribuisca alla giustizia sociale, la solidarietà, l’armonia, la parità all’interno e tra i paesi. L’uguaglianza e l’equità vennero riconosciuti come valori fondanti di tutte le società come risultato concreto della crescita economica basata sulla giustizia sociale e sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali obiettivo da raggiungere con una serie di azioni positive dei Governi dei singoli Stati.
La celebrazione della giornata intende ricordare alla Comunità Internazionale l’impegno assunto nella lotta all’eliminazione della povertà, per la promozione della piena occupazione e del diritto ad un lavoro dignitoso, per l’affermazione della parità tra i sessi, l’accesso al benessere e alla giustizia sociale per tutti. Ma in altri termini “giustizia sociale” non significa altro che democrazia, che tra le prime promesse che non ha tradito è stata proprio se stessa, la vera democrazia sostanziale. Parlare di uguaglianza di fronte alla legge, allo Stato, agli altri esseri umani significa che gli Stati, i suoi rappresentanti e i cittadini hanno preso un impegno formale a far sì che vengano poste le basi per le condizioni ottimali affinché questa uguaglianza sia possibile. Contribuisce a ricordarcelo la nostra Carta Costituzionale. Nell’art.3 promette, nel tempo, di rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale, culturale che impediscono un’effettiva uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Compito dello Stato è perciò assicurare la giustizia sociale, far sì cioè che i principi delineati nell’ambito dell’uguaglianza sociale vengano rispettati, creando un terreno fertile perché ciò accada.
Senza uguaglianza, senza lo sforzo costante per affermarla, non c’è democrazia. É da qui che deve ripartire la politica, perché una politica che non vada in questa direzione semplicemente smette di essere politica per cedere il passo al mero esercizio del potere. Nessun sincero impegno teso verso il conseguimento della “giustizia sociale” può essere messo in atto senza chiamare in causa l’etica. L’insegnamento di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha dimostrato che non è sufficiente servire la comunità se non si è anche spinti da una più ampia idea di giustizia, legata alla libertà e alla dignità di un intero Paese, al suo riscatto sociale e civile. Questo sarà realizzabile soltanto se e soltanto quando ci sarà una società maggiormente basata sul concreto rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e su una “Giustizia” con la “G”maiuscola che sia fattivamente “giustizia uguale per tutti” non soltanto uno slogan da tribunale.
Martina Sperduti – referente provinciale dipartimento tutela vittime –FdI-AN