Il ricordo di don Bruno dalla penna del suo caro amico Gianni Fabrizio, in occasione del suo cinquantesimo di sacerdozio
«Tutti siamo progetto di Dio, tutti siamo importanti davanti a Dio, perché tutti abbiamo una vocazione da realizzare. E per mons. Bruno Antonellis, il 29 giugno 1960, nella parrocchia di S. Maria e S. Marcello, a S. Donato Valcomino, dove è nato, attraverso la imposizione delle mani da parte di mons. Biagio Musto, la risposta alla propria vocazione ed il suo convinto “eccomi”, furono l’impegno pronto e deciso, del dono del sacerdozio fatto alla Chiesa e alla comunità. Quanti volti ha conosciuto “don Bruno”; quanti fratelli incontrati; quanti cammini si sono incrociati; quanti consigli elergiti; quante famiglie salvate; quanti giovani recuperati. Da allora è stato avvicinato, con fiducia, da tutti sia come uomo, sia come prete. Il suo sacerdozio è stato il palpito all’unisono di tanti cuori, di tante menti e di tante mani. Sora gli deve gratitudine e riconoscenza. Per questo la Città e la Diocesi, e non solo, non potranno mai dimenticarlo.
Di questi anni, tutti, proprio tutti appartengono al servizio sacerdotale che mons. Bruno Antonellis ha offerto alla Chiesa di Sora ed alla Diocesi. Molteplici le sue varie e poliedriche attività pastorali, condotte sempre con modestia, umiltà, devozione, fermezza e spirito evangelico, grazie ad un carattere schivo e senza plateali apparizioni. È stato, tante volte, anche “un prete scomodo” , fuori da schemi precostituiti e preconcetti, ma sempre “conciliare”. Per questo è amato, rispettato e punto di riferimento, confidente e guida di credenti e non credenti.
Giovanissimo sacerdote, dall’ottobre del 1960 fu chiamato da mons. Biagio Musto a ricoprire il ruolo di suo segretario. Servizio che ha mantenuto fino al 9 aprile del 1971: era la notte tra il giovedì ed il venerdì santo e giorno della morte del vescovo nato a Montemiletto. Don Bruno, anche in quella occasione, lo ha assistito fedelmente. Ricordiamo i suoi tanti servizi.
Ha insegnato religione nel seminario, nella scuola media e nel liceo classico di Sora. Canonico della Collegiata di S. Restituta, cappellano delle suore del Preziosissimo Sangue, assistente interdiocesano della G.I.A.C (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) dal 1962 al 1971. Erano questi gli anni del rinnovamento e della speranza, gli anni indimenticabili del Concilio Ecumenico Vaticano II. Gli anni della fervida attività svolta con il “Gruppo Terzo Mondo” per inviare aiuti concreti in Brasile a don Enzo Venditti, a suor Elena Mattiucci in Tanzania e favorire l’opera di Roul Follerau. In quel periodo venne organizzato, fra l’altro, “Il Festival della Solidarietà”, manifestazione antesignana di “Festivals” più famosi, riservato a complessi musicali giovanili. Fu un successo strepitoso che conquistò i giovani di allora. Sempre e ovunque ha lasciato la sua impronta personale, anche come uomo di cultura. Canonico della cattedrale di Pontecorvo, cappellano di S. Vincenzo Ferreri e della Madonna delle Grazie. Nel 1967, al termine del mese di maggio, con i giovani della GIAC e con il comitato della chiesetta che domina Sora, promosse la prima “fiaccolata mariana”, una tradizione che continua con grande partecipazione. E ancora: difensore del Vincolo nel Tribunale Ecclesiastico Diocesano; incaricato per l’ecumenismo; dal 1974, per venti anni, parroco di Valleradice, la chiesa tanto cara ai sorani e al card. Cesare Baronio; membro del Consiglio Presbiterale; rettore e docente dell’Istituto Teologico Diocesano; Vicario Generale dal settembre 1991; Preposto – Parroco di S. Restituta e dal 1994, cappellano di Sua Santità.
Un cammino lunghissimo, dunque, fedele servitore, caratterizzato da una forte dedizione e uno slancio generoso al fianco dei vescovi Musto, Minchiatti, Chiarinelli, Brandolini, Iannone e Antonazzo. Egli resta il sacerdote e l’uomo che la gente ha cercato per un consiglio, un incoraggiamento, una stretta di mano, una preghiera. A don Bruno la gente ha voluto bene perché è stato “uomo” per gli altri, perché ha dedicato la sua vita al bene degli altri, portando consolazione, unione, serenità, pace cultura e amore per la natura e per la montagna in particolare. Molti lo vedevano solo come un compagno di esperienza umana, con cui percorrere un tratto di strada insieme. Il suo cuore era sempre aperto a tutti, ed in particolare ai giovani. Ha lavorato intensamente per risvegliare negli animi una grande passione per l’evangelizzazione e per incoraggiare a ripartire da Cristo Gesù, contemplando il suo volto con gli occhi della Madonna. È vero: tutto il suo tempo ed i suoi anni di sacerdozio, sono stati di servizio. E GRAZIE per questo Tuo servizio».