DeGenerazione – memorie di un assassino
di
Marco Fosca ed Emilio Mantova
XII
Il cloruro di polivinile
Fortunatamente il vecchio con la bombetta era ancora in quel bar e dopo un paio di caffè non gli risultò difficile tradurre le pagine che mi aveva affidato il signor Refice.
La documentazione iniziava con una descrizione base di un composto chimico, il cloruro di polivinile: “Il cloruro di polivinile fu osservato per caso in due occasioni nel corso del XIX secolo, prima nel 1835 da Henri Victor Regnault e quindi nel 1872 da Eugen Baumann. Più tardi, nel 1926, Waldo Semon della B.F. Goodrich sviluppò una tecnica per rendere lavorabile il PVC (cloruro di polivinile), miscelandolo con degli additivi plastificanti. Il PVC è un materiale termoplastico, ossia fonde per effetto del calore e può quindi essere sagomato nelle più svariate forme attraverso vari processi. Dopo il raffreddamento, il materiale riacquista le sue proprietà originali. Grazie a queste caratteristiche strutturale si pensò di utilizzare il PVC per la produzione di contenitori per bevande, le comuni bottiglie di plastica.”
Dalla documentazione del dottor Refice appresi che, siccome si sospettava la tossicità di questa sostanza (PVC), si tenne parallelamente sottocontrollo lo stato di salute dei lavoratori addetti alla sua produzione. L’indagine, condotta da un certo professor Ronald Born, prendeva in esame la mortalità di lavoratori di quattro stabilimenti esposti a quelle sostanze nella sintesi del monomero (CVM) e nella successiva polimerizzazione (PVC). Il programma di sorveglianza comprendeva all’inizio circa seimila lavoratori. Il risultato dello studio risultò drammatico. Tra gli stabilimenti analizzati furono infatti ottocentonovantasette gli operai addetti alle varie mansioni negli impianti di lavorazione dei CVM-PVC che si ammalarono di tumore.
In conclusione lo studio condotto dal professor Born confermò l’azione cancerogena del CVM-PVC sul fegato, con induzioni di angiosarcomi e carcinomi. Il fatto sconcertante era che i vertici aziendali S.I.M., venuti a conoscenza dei risultati delle indagini scientifiche e dell’esito degli accertamenti del professor Born, insabbiarono tutto e diedero il via alla produzione di bottiglie in PVC su scala mondiale raggiungendo fatturati da capogiro.
Un affare quello delle bevande in bottiglia che, soprattutto in Italia, sembrava essere in costante crescita esponenziale, da quanto si evinceva dalla documentazione. Era previsto, infatti, un balzo della produzione di oltre il 47% e, aggiungendo a questo anche l’aumento dei prezzi, i profitti delle aziende sarebbero lievitati fino a valori esorbitanti. La quota delle bevande imbottigliate in vetro sarebbe scesa dal 98% al 33%, mentre quella delle bottiglie di plastica dal 6,5% al 70%. Non a caso c’era una società collegata alla S.I.M., la GLOBE spa, che si stava occupando di studiare campagne pubblicitarie per condizionare la pubblica opinione verso l’utilizzo di bevande imbottigliate. Noi cittadini ne avremmo ricavato solo un aumento dei costi, un peggioramento delle qualità delle acque e aumenti dei consumi energetici e dell’inquinamento dovuto alla produzione, allo smaltimento e al trasporto delle bottiglie.
Infine c’era l’ultimo capitolo intitolato: “Ramificazioni S.I.M. e dislocazione aziende verso paesi tolleranti.” La ramificazione più importante che faceva capo alla S.I.M., era l’attività riguardante la produzione dei polimeri di base. La produzione di sostanze polimeriche generava a sua volta tre società dipendenti: la POLIMERS spa, con capitale societario 33,5 milioni di dollari, la PREF 1 e per concludere la GLOBE spa, che aveva una storia un po’ a sé. Era nata per prima con il nome RES spa ed era stata oscuramente introdotta e creata dalla S.I.M. perché iniziasse i primi studi e la sperimentazione con i polimeri PVC-CVM. Successivamente cambiò nome e subì un aumento di capitale da 1 a 15 milioni di dollari, venendo trasformata in una sorta di società che si occupava di “Programmazione esercizi per la raccolta dati, trattamento e diffusione dell’informazione sviluppi futuri e applicazione resine polimeriche di nuova generazione”.
La GLOBE spa prima citata, quindi, era incaricata di polarizzare l’opinione pubblica a favore dell’utilizzo di bevande in bottiglie. Non è tutto. A monte di queste ramificazioni basilari che dipartivano dall’impero S.I.M. comparivano quelle che potevano essere definite le “Petrolifere”. Non dimentichiamo che la materia prima da cui ricavare i polimeri PVC-CVM è proprio il petrolio. La cosa sorprendente e inquietante è che non se ne riusciva a venirne fuori, cioè, trovare un filo conduttore tra quell’intricato sistema di ramificazioni di società era pressoché impossibile. Nel senso che, seguendo tutte le ramificazioni dell’impero S.I.M., dovevamo, come è logico che fosse, terminare per forza di cose al ramo finale… al pallino finale. Invece questo sistema non lo permetteva. Probabilmente, anzi, certamente, questo sistema di ramificazioni era il punto di forza sul quale si fondava l’ambiguità della potenza multinazionale: confondersi al massimo per rendersi impalpabili e invisibili. Incroci e interessi tra diverse realtà produttive (alle volte a metà tra un dominio e un altro) rendevano il sistema S.I.M. impenetrabile. Per dare un’idea pratica di quello che sto dicendo partiamo dal seguente esempio: dalle cosiddette “Petrolifere” (che come abbiamo visto non rappresentavano che una parte del bussines… una sorta quindi di ramo dell’enorme albero) partivano altre biforcazioni. Precisamente la MCD, DPT e FCD con sedi fittizie in diversi paradisi fiscali sparsi per il mondo e con amministratori delegati di comodo, teste di legno che erano di Hong Kong, Brasile, ecc. Non era tutto perché, riconducibili a quelle ramificazioni delle “Petrolifere” (ossia MCD, DPT e FCD) si sviluppavano ancora altrettanti rami contorti di altre società. Società e varie imprese che si occupavano di “Infrastrutture”. Già perché per movimentare e gestire i prodotti petroliferi si rendevano necessarie anche questo tipo di attività. Quindi ecco che facevano comparsa imprese che producevano cisterne, tubature, serbatoi, impianti estrattivi, di deposito, società che si occupavano di manutenzione impianti, ecc. C’era da diventare matti.
Comunque, seguendo le linee di ramificazione, si approdava nel nostro bel paese. Ci si imbatteva con la “Multitermoplastica Italia”, società madre da cui si diramavano le fabbriche produttrici di preforme e soffiatrici che a loro volta generavano le bottiglie di plastica appunto, come la Beverages Italia spa dove lavorava il dottor Refice. Una decina di anni prima tale società possedeva un capitale societario di quasi cento milioni; in quel periodo era scesa a cinque. Una diminuzione di capitale impressionante, seguita inevitabilmente da una drastica riduzione di forza lavoro. E questo doveva indurci alla riflessione. Perché? Perché quella drastica diminuzione di capitale in un settore che come abbiamo visto appariva tanto strategico per la S.I.M.?
La risposta era nel percorso delle linee di ramificazione del sistema S.I.M.. Seguendo altre linee di ramificazione ecco che si arrivava in Cina, nel cuore di una delle tigri asiatiche e ci si imbatteva in quello che sembrava essere l’astro nascente nel campo delle materie plastiche e più in generale nel settore dello stampaggio delle materie termoplastiche e affini. La TERMOPLASTIK CO.. Era interessante sottolineare come quella società (sempre legata a filo diretto e quindi riconducibile alla multinazionale), al contrario di quella Italiana, (che faceva parte del medesimo ambito produttivo) aveva invece ricevuto un iniezione adrenalinica di capitale impressionante, passando da un capitale societario di 0,3 milioni ad un capitale leggermente inferiore a 250 milioni, oltretutto in un lasso di tempo brevissimo e corrispondente al lasso temporale in cui era avvenuta la drastica riduzione del capitale della nostra società madre ossia l’Italiana “Multitermolsatica”. Ecco quindi che il quadro cominciava a delinearsi in maniera netta. E la cosa era più chiara se si considerava che tale società (Termoplastik co.) stava cercando di ampliare il suo raggio d’azione. Bastava riflettere sulla parola “affini”. Oltre ad occuparsi di stampaggio di materie plastiche generali, ecco che la S.I.M., attraverso la Termplastik Co., avrebbe cercato di invadere il mercato del settore ludico. Questo significava che miliardi di giocattoli costruiti con plastiche nocive sarebbero venuti a contatto con i bambini di tutto il mondo con conseguenze potenzialmente drammatiche.