Apre al MACA – Museo d’arte contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone mercoledì 30 marzo alle ore 17, Circoscrivere l’infinito, la mostra personale di Salvatore Lovaglio (Troia, 1947). La mostra, che resterà aperta fino al prossimo 30 aprile, è a cura delle studentesse e degli studenti del Corso di comunicazione e valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo e di Grafica d’arte, che include undici grandi lavori dell’artista incisi prevalentemente negli ultimi anni e rappresentativi di un segmento importante della sua ricerca recente.
La mostra, inoltre, sviluppa una delle linee di approfondimento interne alla programmazione del MACA che guarda all’incisione come linguaggio del presente e del tutto autonomo rispetto agli altri media delle arti visive contemporanee.
Proprio in questo senso, infatti, intende Lovaglio il suo rapporto con il medium dell’incisione: non minoritario rispetto agli altri ambiti della sua vasta ricerca, eppure inevitabilmente in dialogo con il lavoro di pittura, iniziato negli anni Settanta, e via via collocatosi nel solco di quelle poetiche che hanno fatto incontrare naturalismo e astrazione, una linea importante dell’arte italiana della seconda metà del Novecento. All’incisione Lovaglio si dedica invece con sempre maggior coinvolgimento a partire dagli anni Novanta, mettendo a punto una pratica dell’acquaforte e dell’acquatinta che gli permette di lavorare su lastre di grandi dimensioni, e una processualità che dipana una gestualità ampia e variegata, tesa alla ricerca di un’immagine non programmata a priori, un’immagine che si genera da un dialogo aperto con la materialità della lastra, con tutti i suoi accidenti e imprevisti.
I lavori di incisione di Lovaglio si presentano come superfici stratificate, fratturate, poeticamente disarticolate e si basano, ognuno, su una gamma di toni ristretti, che si rilanciano reciprocamente per via di accensioni e vividi contrasti. I suoi lavori sono segnati da una spinta verso il paesaggio, da sempre al centro della sua ricerca, evocato non in forma descrittiva, ma da una superficie che si dispiega spesso in orizzontale (il formato del paesaggio) e attorno a campiture e linee (solo occasionalmente coincidenti con l’orizzonte) che aprono l’immagine a una spazialità vasta e profonda.
Quello richiamato da Lovaglio è dunque un paesaggio atmosferico (di nebbie, fumi, vapori) con lame di luce che – come squarci, riflessi e abbagli – lo attraversano contaminando di riverberi tutta la superficie; un paesaggio liquido, movimentato e irrisolto, in perenne stato di rinnovamento, capace di generare una spazialità indefinita e infinita, eppure sempre solcata da linee e tratti che, come presenze del corpo dell’artista nel corpo dell’opera, sembrano il tentativo di circoscrivere lo spazio, di abitarlo, di trasformare lo spazio infinito in una dimensione umana, intima ed emotiva.
Così, sebbene nei lavori di Lovaglio siano pressoché assenti forme riconducili al reale, cioè dati figurativi certi, è in quest’ottica che va letta la presenza/indicazione di un vaso o ciotola che in questa mostra è ricorrente in molti lavori: posato sul bordo inferiore dell’immagine, o nello spazio bianco che la incornicia o inquadra, il vaso è, oltre che un richiamo a un fare essenziale e primigenio, anche un piccolo elemento da cui sembra generarsi tutta la spazialità dell’immagine.
Per informazioni:
Accademia di Belle Arti di Frosinone, tel: 0775 201167, e-mail: info@accademiabellearti.fr.it, www.accademiabelleart.fr.it