Lo schiacciatore Claudio Paris è entrato a far parte della Globo Banca Popolare del Frusinate Sora il primo giorno di Volley Mercato e nel suo ruolo che doveva essere quello del terzo martello, ha ora avuto la sua possibilità. Da quando si è infortunato Giuseppe Patriarca infatti, Claudio, soprannominato proprio a Sora “Leonida” per la somiglianza con il personaggio del film “300” interpretato da Gerard Butle, ha disputato quattro gare da titolare non deludendo mai allenatore, squadra e società. I dati statistici e quindi il rendimento in campo di Claudio sono pubblici e reperibili, mentre le sue emozioni, la sua versione interiore, ce la facciamo raccontare proprio da lui.
Quanto pesa l’eredità Patriarca?
“Tanto! È un’eredità pesante e la sua assenza si avverte soprattutto sotto il profilo caratteriale che lui imprimeva a tutta la squadra. Io comunque scendo in campo tranquillo, convinto dei miei mezzi, cercando di fare e di dare sempre il meglio”.
C’è stato qualche momento durante il quale hai avuto paura?
“Ovviamente c’è un momento durante il quale ti assalgono i dubbi e pensi di non essere all’altezza, però questa è un’occasione troppo importante per farsi prendere dalle paure quindi caccio via tutti questi pensieri e mi preoccupo solo di fare bene. Fino a quando la mia squadra vince sono contentissimo, abbiamo guadagnato 10 punti sui 12 in palio nelle quattro gare che ho disputato da titolare e un pochino lo sento anche merito mio. Quindi la mia analisi personale sul mio andamento merita un…discreto. Io non ho paura. È vero, in alcuni momenti non sono tranquillo perché c’è quella componente esperenziale che viene a mancare, ma li vivo comunque bene perché in fondo questo per me è l’anno zero, ho respirato veramente per la prima volta la responsabilità di stare in campo in serie A. E poi c’è quella sensazione molto piacevole che provo ogni qual volta percepisco che tutti i miei compagni si fidano di me e mi sono vicini, e questo mi rende davvero contento anche in considerazione del fatto che siamo tutti concentrati nel perseguire il nostro obiettivo”.
Ci racconti l’emozione della prima partita che hai giocato da titolare (Sora vs Atripalda 2-3, 11/11/2012)?
“Per me è come se fosse stata la prima volta in serie A perché al Club Italia era diverso, c’era meno pressione, non c’erano obiettivi societari da raggiungere ma solamente personali e quindi anche le aspettative erano differenti. Sono state tutte sensazioni positive accompagnate da una grande emozione e posso dire con certezza che è stato il momento più bello della mia carriera. Ero concentrato sull’obiettivo personale, di squadra, della società e sulle indicazioni del mister, quindi una volta toccato il primo pallone l’emozione è svanita per dare spazio alla concentrazione. Ovviamente l’emozione mi ha accompagnato anche nelle partite successive ed ogni volta è stata guidata da pensieri e preoccupazioni diversi che come ripeto sono amplificati dal peso del perseguimento dell’obiettivo importante che per il momento si chiama Coppa Italia. C’è da dire però che questo pensiero fisso ti mantiene sempre sul giusto binario”.
L’azione che ti è rimasta più impressa in queste tre gare che hai disputato da titolare qual’è?
“Il momento nel quale ho sentito l’emozione più forte è stato nella gara al PalaGlobo contro Atripalda. Nel finale di secondo set ho fatto un bel muro a Libraro. È stato un momento importante per me che purtroppo non è stato seguito dalla vittoria ma l’emozione era tanta soprattutto perché si trattava di un punto realizzato in un fondamentale, quello del muro, che sicuramente non è uno dei miei migliori e forse amplificata anche per questo. La gara con Atripalda, nella mia giornata d’esordio in serie A con la maglia del Sora, è stata un’esperienza magnifica, una partita durante la quale mi sono divertito e se avessimo vinto quel giorno sarebbe stato davvero perfetto. Molto bello è stato anche il calore del pubblico e in un certo senso quel giorno è stato il coronamento di tutti gli anni di lavoro”.
Sei un martello più votato all’attacco che alla ricezione dove ora invece stai rendendo molto di più.
“Questo è vero. Sto migliorando in ricezione e questa mia crescita la devo molto a Roberto Romiti che mi sta dando una grossa mano. Sostituire Patriarca, che comunque è il nostro martello di equilibrio, include anche questo cioè che io debba concentrarmi sulla ricezione, anche se dentro di me vorrei dedicarmi di più ed essere più presente in attacco. Comunque, grazie al prezioso aiuto di Roberto che mi sostiene anche nei momenti duri, che mi fa sentire la sua massiccia presenza lasciandomi tranquillo e mi sprona a fare dandomi massima fiducia, mi sto scoprendo anche un discreto ricettore”.
La differenza tra la possibilità che ti ha dato il Club Italia e quella che ti sta dando Sora qual’è?
“A questa domanda forse ho già risposto, mi piacerebbe aggiungere solo una cosa. Sono molto grato al Club Italia e ringrazio chi ha creduto in me soprattutto nel secondo anno (la scorsa stagione) durante il quale sono stato valorizzato. Mi è stata data la possibilità da Marco Bonitta di farmi conosce nella pallavolo che conta e ringrazio tanto anche Bruno Morganti che comunque è stato fautore della mia riconferma nonostante lui non ci fosse più. Morganti è stato il nostro secondo allenatore nella mia prima stagione al Club e ha sempre creduto in me nonostante che di campo io ne avessi visto poco fino a quel momento; lui è una di quelle persone alle quali sarò riconoscente per tutta la vita. Il mio obiettivo personale, e quello a cui ambisco è di vivere un ciclo a Sora. Mi piacerebbe restare in questa società con un progetto di continuità nel tempo, stabilire un rapporto duraturo. Per questo cerco di farmi apprezzare sempre di più allenandomi bene, lavorando senza tirarmi indietro mai e dando il mio massimo contributo alla squadra che in questo momento ha bisogno anche di me. A Sora mi trovo molto bene con la società, soprattutto con Adi Lami che è una figura dell’organico che mi sta dando e soprattutto ci sta dando una grossa mano in particolar modo a noi giovani che magari in alcuni momenti abbiamo più bisogno di altri”.
Cosa hai imparato ricoprendo questo importante ruolo pieno di responsabilità?
“Ho imparato a respirare il vero clima della competizione di alto livello in A2”.
Il tuo pensiero quando entri in campo qual’è?
“Di riuscire a fare bene in modo tale che la squadra riesca a vincere anche grazie al mio contributo. Prima penso alla squadra, e poi se riesco a giocare anche una buona partita sono ancora più contento”.
Contro chi non vedi l’ora di giocare o rigiocare?
“Contro mio fratello Matteo (palleggiatore a Corigliano). Quello potrebbe essere un altro momento importante e pieno di emozione della mia carriera”.