Cuore grande, lo dice il mister, talento e numeri giganteschi, questo invece lo dice il campo. Chiedetelo poi ai ragazzi della curva, hanno inventato persino un coro tutto per lui. Dove partireste voi per raccontare la storia di un giocatore? Però attenzione, non uno come gli altri, Piotr è un po’ diverso. Sarà per l’aspetto, lui si che spicca in mezzo agli altri.
Alice Pagliaroli per gentile concessione del quotidiano l’inchiesta
Lo notereste al Mc Donald, figuratevi sul rettangolo di gioco. Eppure c’è dell’altro, molto altro: sei reti realizzate a dieci giornate dall’inizio del campionato, di cui due non giocate per i noti problemini muscolari, mettiamoci pure che porta la firma del goal che ha deciso il derby contro i cugini isolani e ecco spiegato l’entusiasmo che il “gigante di Varsavia” ha portato nella bella cittadina del Liri. Concentrato e freddo quanto l’acciaio, incredibilmente costante e letale come un virus della peggior specie, leader di una squadra che vive della sua stessa fame e di una tifoseria che lo abbraccia forte ad ogni goal, quando la gioia esplode e sul volto impassibile di Branicki appare il sorriso di un ragazzo sensibile e sentimentale.
Piotr, siamo alla vigilia dell’undicesimo turno di campionato, ti aspettavi di arrivarci in testa alla classifica?
«E’ difficile rispondere, in parte si e in parte no, ho capito col tempo che siamo una grande squadra. Abbiamo una cosa che gli altri non hanno, e cioè un grande allenatore. Io lo conoscevo già, è stato lui a volermi qua, per me è “babbo”, lo chiamo così. Durante il ritiro gli ho confessato che secondo me servivano quattro-cinque giocatori d’esperienza. Ero titubante, e lui mi ha detto solo due parole, stai tranquillo. Ci credevo, ma di certo non così. Questo è un ambiente eccezionale, i nostri tifosi ci seguono ovunque, col sole e con la pioggia, persino in Sardegna, una cosa del genere l’avevo vista solo a Fondi».
Contro il Porto Torres sei tornato al goal, l’ultima rete era stata quella nel derby, poi qualche problemino fisico ti ha costretto lontano dal campo. Sei tornato titolare a Sassari mentre al Tomei si è interrotto questo mini-digiuno che però, per uno come te, sembra un’eternità.
«Sono stato fuori per l’infortunio e la cosa più brutta non è stata non segnare, ma non essere in campo coi miei compagni. Non poterli aiutare, non essere presente quando avevano bisogno anche di me. Ho cercato di aiutarli comunque, gridavo, li sostenevo, ero sempre con loro. A me non interessa quanti goal ho fatto o quanti ne farò, se mi dicessero che Pastore da qui alla fine andrà a segno cento volte e io nessuna, ci metterei la firma».
Sei reti realizzate fin qui, ma quale la più bella, e quale invece quella che ti ha emozionato di più.
«Il più bello è stato quello contro la Casertana, perché è stato un goal di “sfondamento”, pieno di rabbia, rappresenta perfettamente la grinta di questa squadra. Il più emozionante sicuramente quello del derby. Ma ogni volta che segno mi emoziono, domenica è stato bellissimo, l’arbitro è venuto ad ammonirmi perché mi sono arrampicato sulla rete, pazzesco. Sapete cosa gli ho detto? –Signore lei lo sa cosa significa emozione?- Proprio così gli ho detto, lui mi ha risposto che non si può fare e io gli ho spiegato che se non indossa questa maglia allora non può proprio capire. Contro Isola sono venute giù duemila persone, io sempre là sulla rete ad esultare con loro, e non mi hanno detto niente».
Come ti trovi a Sora?
«Mi trovo benissimo. Avevo tre-quattro offerte, potevo puntare a guadagnarci qualcosa in più, ma come si dice, i soldi non fanno la felicità, e non la fanno davvero. Sono soddisfatto al cento per cento della scelta che ho fatto, ora più che mai, vediamo soltanto di fare qualcosa di importante per questa città».
La sensazione è che i tifosi ti adorino come si fa con un leader, hai avvertito la stima che nutrono nei tuoi confronti?
«Certo che l’ho avvertita, e spero che loro abbiano avvertito quello che provo io per loro. Sono sicuro che riescano a vedere quello che non si vede ad occhio nudo, e cioè cosa do in campo. Se c’è una palla su cui non posso arrivare, io comincio a correre comunque, quando gioco metto tutto il mio cuore».
Castellucci dopo la gara col Porto Torres ti ha definito un ragazzo di cuore, dice che hai un incredibile senso di appartenenza. Ti riconosci in questa descrizione?
«Beh se lo dice lui. Mi conosce bene, come ho detto è stato lui a volermi qua, sa come sono fatto, cosa posso dare, non sono Ibrahimovich, metto il cuore per la squadra».
Ti piace il coro che i tifosi hanno pensato per te?
«Moltissimo, spero di ripagarli facendo sempre meglio. Ora mi hanno consigliato di non andare ad esultare con loro come ho fatto domenica perché c’è la possibilità dell’ammonizione, ma non so proprio come si fa a controllare le emozioni».
Dove arriverà questo Sora?
«Difficile dirlo, so solo che quest’estate tutti mi dicevano – ma dove vai? Là si retrocede – e allora voglio dimostrare che qua si fa sul serio, c’è qualcosa in più che altrove. A Fondi ho vinto un campionato quando nessuno l’avrebbe mai pensato. Pochi soldi rispetto alle altre, eppure siamo riusciti ad arrivare primi. Le vittorie più belle sono quelle inaspettate».
Fonte: http://www.soracalcio.com/2012/11/branicki-un-gigante-per-il-sora/#more-1099
Foto di Alessandro Massarone