Le classifiche del sole24ore sulla qualità della vita 2019.
Nella recente pubblicazione del 16 dicembre 2019 il Sole 24 Ore ha elaborato le classifiche che riassumono i risultati delle indagini che misurano il benessere delle provincie italiane.
Da tali classifiche in funzioni dei parametri di qualità della vita (lavoro, giustizia, salute, ambiente, etc) emerge un quadro di contraddizioni: rimaniamo la seconda economia manifatturiera in Europa eppure continuiamo a raccontare che le fabbriche sono morte, affolliamo i festival letterari salvo poi dimenticare di leggere i libri, e pur avendo un sistema di tassazione tra i più alti d’Europa non abbiamo servizi adeguati, la spesa pubblica non decolla, la burocrazia è imperante e la certezza di giudizio nella aule dei tribunali resta una chimera.
Il dato più impressionante è che le regioni del Nord hanno continuato, e continuano a dominare, ogni tipo di classifica rispetto a quelle del sud, confermando un andamento che dovrebbe far riflettere: per stare bene bisogna varcare la linea del 44° parallelo di latitudine (da Firenze in su più o meno), in quei luoghi dove è più facile creare un punto di equilibrio tra opportunità professionali e sfera privata, tra saper vivere e saper fare, tra lavoro e benessere.
Più che aiutare a individuare i cambiamenti storici e storiografici, i rapporti sulla qualità della vita si possono interpretare come lo specchio di alcune costanti: il Sud rimane quel luogo che con un’espressione eufemistica negli anni 60, era battezzato “Bassitalia”, mentre il Nord era l’“Altialia”.
Il paradigma è ancora attuale purtroppo, dopo più di 50 anni e non è solo una questione di latitudine.
Se nel nord Italia, nonostante la delocalizzazione o la dismissione di tante industrie, persiste l’impressione di una nazione che usa mani e testa per attrezzarsi nella sfida del futuro, nel sud dell’Italia si spalanca il racconto di un’umanità che viaggia a una velocità più modesta, che sogna anch’essa in grande ma lo fa avendo un orizzonte di attesa più sofferto e soprattutto fatica a seguire i meccanismi di una produttività che è forse l’unica versa risorsa significativa e concreta con cui confrontarsi.
Cosa fare?
Bisognerebbe ponderate a tutti gli inenarrabili errori commessi dai politici e dalle classi dirigenti, alla mancanza di visione che diventa mancanza di progettualità e solo dopo essere usciti dal paradigma delle due “Italie” o dell’Italia perduta, provare a scrivere una nuova pagina di unità nazionale.