Simpatico siparietto all’italiana, questa mattina, all’ufficio postale di Sora, sede centrale di Via Cantelmi. Poca gente in fila, condizionatore funzionante, situazione ideale per un luogo che, normalmente, indispone per il solo fatto che lì ci si va principalmente per pagare le bollette. Ad un certo punto, un uomo un po’ attempato, si è avvicinato al vetro e ad uno degli impiegati ha chiesto: “Dov’è il bagno?”. “Qui, non c’è il bagno. Può andare di fronte, al bar”. “Ma scusi – ha risposto quello – e se il bar non ci fosse stato? Io chiedo di andare nel vostro bagno”. “Ma non è in uso al pubblico”. “Ma questo è un ufficio pubblico – ha insistito l’utente – e qui il bagno dovrebbe esserci!”. “Mi dispiace, vada al bar”. “Vi dico che quando mi è successo in un altro ufficio postale, mi hanno fatto usare quello dei dipendenti”. Ma le rimostranze dell’uomo non sono servite. Il batti e ribatti non durato più di tanto; evidentemente, l’impellenza era piuttosto urgente. Fatto sta che il signore è uscito, è andato nel bar di fronte e, dopo, è rientrato nell’ufficio postale. Al netto delle questioni di sicurezza, è tutta qui la differenza di legge tra un “luogo pubblico” e un “luogo aperto al pubblico”: il primo è uno spazio pubblico a cui può accedere chiunque senza alcuna particolare formalità, essendo quello il suo scopo ed utilizzo normale e prevalente (ad esempio, strade, piazze, giardini pubblici, spiagge demaniali). Un luogo aperto al pubblico è invece uno spazio in cui chiunque può accedere, limitatamente e nel rispetto di regole (che possono ad esempio essere un orario d’apertura, il pagamento di un biglietto d’ingresso, e altro) stabilite dal proprietario – sia esso un privato o un ente pubblico – o da altre norme. Ma vallo a spiegare a chi gli scappa la pipì!