di Stefano Di Palma
La celebre abbazia è situata nel Comune di Veroli, sulla strada Mària, a metà percorso tra Frosinone e Sora, sopra una collina adiacente al corso del torrente Amaseno; lo splendido complesso monastico è stata edificato sulle rovine del municipio romano chiamato Ceratae perché dedicato alla dea Cerere mentre la denominazione Marianae si collega al sito perché patria, o almeno residenza, di Caio Mario. Con la caduta dell’Impero Romano e le seguenti invasioni barbariche Ceratae cade nell’anonimato subendo la progressiva e generale crisi economico-sociale per poi riaffiorare nei documenti, a partire dal secolo XI, come luogo di residenza di una comunità benedettina, denominata appunto di Casamari.
La fondazione si collega ad alcuni pii ecclesiastici di Veroli quale filiazione della più vicina comunità benedettina presente nel territorio, ovvero l’abbazia di San Domenico, e sarebbe avvenuta nell’anno 1005 anche se appare ragionevole collocarla a qualche decennio successivo. La vita monastica benedettina si è protratta in Casamari fin verso il 1140 per essere poi sostituita da quella cistercense dopo lo scisma di Anacleto II (1133-1138). Già investita di particolari privilegi giuridico-amministrativi, a partire dal pontificato di Eugenio e con i suoi successori, verso la fine del secolo XII, il monastero conosce una grande espansione e fonda, nell’Italia centrale e meridionale, molte abbazie; nel 1222 Casamari ottiene anche l’affiliazione del monastero benedettino di San Domenico presso Sora, da cui un tempo, come ricordato, aveva avuto origine. Nel corso dei secoli l’abbazia conosce momenti di grande splendore ma anche di massima decadenza sino a giungere, attraverso delle vicende storiche davvero complesse, ai nostri giorni.
Nonostante ciò l’abbazia di Casamari è rimasta sostanzialmente integra nella sua struttura originaria e rappresenta uno dei migliori modelli italiani conservati di architettura cistercense. I moduli di costruzione richiamano quelli borgognoni e caratterizzano un’architettura, sia in pianta che in alzato, ispirata alla semplicità e alla funzionalità tipica dell’Ordine. L’accesso al complesso monastico è garantito da una possente struttura (un tempo portineria e casa abbaziale) aperta da un arco a tutto sesto; dopo l’ingresso si presenta il prospetto della chiesa raggiungibile dopo aver percorso un piazzale scosceso ed un’ampia scalinata. L’edificio sacro, dedicato ai Santi Giovanni e Paolo e consacrato solennemente nel 1217, presenta una pianta a croce latina, ampio transetto, scansione in tre navate e pilastri cruciformi che delimitano le sette campate della navata centrale e sorreggono le volte a crociera; lo slancio verticale dell’alzato è frenato dal cornicione che si snoda lungo i muri della navata dividendo le pareti in due zone mentre l’illuminazione dell’ambiente è garantita dalla presenza di monofore che seguono prevalentemente le geometrie archiacute che caratterizzano l’intero complesso. Dal transetto si irradiano sei cappelle rettangolari dove, in alcune, sono conservate delle lastre in pietra decorate con motivi vegetali e floreali di antica ma incerta datazione.
Nel corso del tempo, la chiesa ha subìto solo una modifica con la disposizione dell’altare maggiore e di conseguenza anche nel coro; l’attuale organizzazione di questa porzione della basilica, che prevede lo spazio della celebrazione eucaristica davanti al coro e non il contrario, risale al 1711, anno in cui fu sistemato l’altare maggiore in marmi policromi donato da papa Clemente XI (cfr. F. FARINA, B. FORNARI, 1981).
Al pensiero di san Bernardo, personaggio di spicco nell’evoluzione della spiritualità e dell’architettura cistercense, si collegano molte delle soluzioni praticate anche nella costruzione dell’abbazia di Casamari delle quali si citano ad esempio la scelta di un luogo dotato di acqua corrente e una vallata, l’assenza di qualsiasi decorazione (se non in alcuni elementi come i capitelli) e la particolare attenzione verso la distribuzione dei punti di luce.
L’intero complesso monastico rispetta quello schema ad quadratum ideato da san Bernardo; le abbazie cistercensi sono infatti sempre erette, in pianta e in alzato, sulla base di un modulo quadrato, replicato o moltiplicato a seconda delle esigenze. Fulcro dell’intero complesso è l’unico chiostro quadrato intorno a quale si distribuiscono i vari ambienti e tra i quali spicca la sala capitolare dove l’abate incontrava i suoi monaci, mentre al piano superiore si trovano i dormitori. Nelle abbazie italiane del Lazio (Fossanova, Casamari e Valvisciolo) e nei resti di San Galgano nel senese, l’applicazione delle norme dell’architettura borgognona è tanto precisa che si è pensato alla presenza di capi-cantiere o addirittura di intere maestranze francesi (cfr. P. DE VECCHI, E. CERCHIARI, 1991). Il risultato è semplice, armonico, equilibrato ed estremamente affascinante.