Stanche divinità che mi lasciate all’anima
senza governo troppo esagerata,
voi che mi davate forme e nomi
ora anche voi indistinte vi sciogliete.
C’è al vostro posto una maestà barbarica
che gira nel quartiere, che fa di ogni caffè
e negozio casa sua e da padrona siede
dove capita per scrivere lettere agitate,
che imposta senza busta perché loro
sanno fin troppo bene dove andare,
dirette come sono a certe alte
infami autorità. Resta a lungo seduta
in ostensione del suo pensiero assorto
che le detta le parole più giuste, gli insulti
più appropriati perché possa raggiungere
– nessuno sa che cosa, ma raggiungere.
Mi è capitata in mano una sua lettera,
non c’erano né frasi né parole,
ma c’era una scrittura infatuata di consonanti
triple e vocali gigantesche, tenute
insieme da volute e colonnati,
la prova che il rovello è architettura.
Patrizia Cavalli