Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di un nostro lettore, Jacopo Marzano, in merito al tema, molto dibattuto in questi giorni, delle unioni civili e del collegato disegno di legge, che porta la firma della senatrice dem Monica Cirinnà.
Leggendo l’intervista rilasciata da mons. Giancarlo Maria Bregantini a “Il Giornale”, sono rimasto deluso da uno dei pochi vescovi italiani che stimo per il coraggio manifestato nella lotta contro la criminalità organizzata e per il suo instancabile impegno nel perseguire la giustizia sociale.
Deluso per l’irragionevole ostinazione di non voler accettare l’ormai avvenuta evoluzione della famiglia nella società italiana, sebbene sia una realtà tangibile e non più ignorabile: essendo la famiglia una “costruzione sociale, legale e normativa”, accanto a quella riconosciuta dalla Chiesa Cattolica come modello, la società, che non è un’entità cristallizzata, ne presenta altre: famiglie allargate, ricostituite, ricombinate, monogenitoriali, omogenitoriali.
Anche se queste non trovano posto nella concezione di famiglia secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, sono state riconosciute tali nella maggior parte dei Paesi che rispettano i diritti fondamentali dell’uomo e non possono non esserlo anche dallo Stato italiano che, essendo uno stato laico, non può accettare come normativo un valore squisitamente cristiano cattolico. Neppure si può giustificare tale intransigente opposizione con l’errata interpretazione, di tipo giusnaturalistico, dell’aggettivo “naturale” che, l’articolo 29 della Costituzione Italiana, riferisce al termine “famiglia”: si leggano le dichiarazioni di Nilde Iotti e di Aldo Moro e si comprenderà che definendo la famiglia “società naturale” – espressione tra l’altro voluta da Palmiro Togliatti – i costituenti – riconoscendo la famiglia come una entità pre-statale – volevano sancirne l’autonomia, per evitare ingerenze da parte dello Stato, come era accaduto durante gli anni della dittatura fascista.
Dunque, la Costituzione Italiana, non essendo orientata da alcuna etica, non impone un modello di famiglia ma si limita a tutelare qualsiasi forma di famiglia, indipendentemente dalla sua origine. Non vi è alcun motivo di aver paura di declinare la parola famiglia al plurale: l’una non esclude l’altra, l’una non delegittima l’altra. Dobbiamo temere, invece, il pericolo di trasformare un dibattito democratico, alcune volte acceso e passionale, in uno scontro sociale tra famiglie.
Si può evitare tale degenerazione, tanto squallida quanto nefasta, solo se si accetta che tutte le famiglie hanno diritto di cittadinanza in uno stato moderno e civile; tutte hanno la stessa dignità perché ciò che conferisce loro la qualità di essere famiglia è l’Amore tra i membri: non esiste un amore che è degno di essere vissuto e uno invece che deve essere proibito; un amore puro e uno inquinato; uno che può godere della luce del sole e un altro a cui è concessa solo l’ombra della clandestinità; uno capace anche di amare e un altro solo di essere egoisticamente amato. Se è Amore – e non una “piacevole sensazione” – allora esso ha sempre lo stesso volto ed è dotato sempre delle stesse potenzialità.
D’altronde – insegnava Erich Fromm – l’amore è un’arte di cui bisogna apprendere la teoria, esercitarsi nella pratica e – come per tutte le altre arti – per non fallire – “non deve esserci al mondo niente altro di più importante” della persona amata. Ciò è tanto più vero per noi cristiani: il Dio in cui crediamo, ancor prima darci la capacità di procreare, ci ha voluti capaci di apprendere la straordinaria arte di amare una e una sola persona, in maniera esclusiva, per non farci vivere in preda alla solitudine, dandoci la possibilità di accudirci quando sembra di non potercela fare da soli, per sostenerci quando il cammino diventa ad ostacoli, per condividere la gioia quando essa non può essere contenuta in un solo cuore. E’ da questi semi che – indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla religione, dall’orientamento sessuale – può germogliare una famiglia.
Anche per noi è giunto il momento di iniziare a considerare famiglia non una forma ma “l’intreccio di storie, di legami, di affetti, di corpi e di progetti” che possono assume forme diverse. Un altro motivo di delusione risiede nel fatto che mons. Bregantini definisca “una battaglia di civiltà” una manifestazione che si oppone all’estensione di diritti che in altri paesi sono stati concessi anni or sono, senza che si siano verificati disturbi psicosociali nei membri delle nuove famiglie e che hanno avuto il merito, tra l’altro, di contribuire ad arginare l’omofobia, le discriminazioni e lo stigma cui, vergognosamente, sono ancora soggetti tanti cittadini e cittadine italiane, molti dei quali cristiani.
Che tipo di civiltà auspica la Chiesa Cattolica per gli stati nazionali?
Il grado di civiltà di un paese si misura nella capacità di integrazione e di convivenza delle diversità, tenute unite nello stesso tessuto sociale dalla legittimazione reciproca nella pari dignità e dall’interesse di conoscersi, di comprendersi, di valorizzarsi e di aiutarsi reciprocamente.
In una democrazia matura, il dibattito su temi come l’omogenitorialità non può escludere alcuna posizione, qualunque sia il principio ispiratore da cui essa tragga origine. Però ci si confronti sempre con onestà intellettuale: la ricerca scientifica, iniziata a partire dagli anni ’70, finora ha dimostrato che “i bambini cresciuti da genitori omosessuali e i bambini cresciuti da genitori eterosessuali non si differenziano in termini di salute mentale, sviluppo cognitivo, identità sessuale, relazione con i pari e riuscita scolastica” e che “interesse del bambino è sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure e responsabilità” e che “la valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale”. Chiunque, in nome della scienza, afferma il contrario, sa di mentire.
Poiché ci vorrebbero pagine per elencare gli articoli scientifici che supportano in maniera inequivocabile tali affermazioni, mi impegno a fornire un’accurata bibliografia a quanti me ne faranno richiesta.
Se verrà approvato il disegno di legge Cirinnà, sarà una vittoria per la Repubblica Italiana che farà un passo in avanti verso la piena attuazione del principio di uguaglianza; sarà una vittoria per tutte le famiglie italiane che, incontrandosi nelle piazze delle nostre città, si guarderanno con meno diffidenza.
Paradossalmente sarà una vittoria anche per la Chiesa Cattolica: essa potrà continuare a indicare agli uomini e alle donne di ogni tempo, come unico modello, la famiglia tradizionale, ma, con una differenza sostanziale: tutti coloro che sceglieranno di essere famiglia seguendo la dottrina cattolica, lo faranno non perché impossibilitati ad esserlo in altro modo, ma per una vera, libera e autentica scelta di fede.