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RESPINTA LA MOZIONE DI SFIDUCIA CONTRO NICOLA ZINGARETTI

Con 30 voti contrari e 18 a favore su 48 presenti, il Consiglio regionale del Lazio ha respinto la mozione di sfiducia al presidente della Giunta Nicola Zingaretti, presentata, ai sensi dell’articolo 43 dello Statuto, dal consigliere Antonello Aurigemma(Pdl-Forza Italia) e sottoscritta da altri dodici membri dell’opposizione di centrodestra. Tra le premesse alla base della mozione, le recenti indagini e misure cautelari relative all’inchiesta Mafia Capitale, che hanno riguardato anche dirigenti della Regione, nonché argomentazioni negative sull’operato della Giunta in materia di legalità e trasparenza. In particolare, i presentatori hanno ritenuto “inadeguati” i provvedimenti della Giunta a prevenzione dei fenomeni corruttivi.

Gli interventi in aula sono stati aperti dal primo firmatario Aurigemma, che, nel presentare la mozione di sfiducia, ha parlato di una “Regione che non cammina più”, in cui gli uffici “non rispondono”, suggerendo al presidente di restituire all’istituzione una sua credibilità dimettendosi, così come hanno fatto i suoi predecessori in situazioni analoghe. “Il problema – ha dichiarato – è che il presidente della Regione non si fida più dei suoi dirigenti, non ha contezza e controllo sul loro operato, sul grado di coinvolgimento nelle inchieste in corso. Le cose sono due: o il presidente era consapevole e quindi sapeva; oppure non lo era ma questa è un’aggravante non una scusante. Per questo, chiediamo le dimissioni del presidente, perché ridare credibilità a questa amministrazione, a questo ente, dipende solo da un suo gesto”.

Per Pietro Sbardella (Gruppo misto) “qualche errore c’è stato” da parte del presidente Zingaretti, se non sull’onestà almeno sulla capacità di guidare questa macchina; ma anche sull’onestà la discussione è lecita, perché si è data l’impressione di arrampicarsi sugli specchi e perché, se si ricoprono determinati ruoli, per Sbardella, non si può non conoscere determinati operatori. Sulla capacità, anche se la mozione non dovesse passare, ha continuato Sbardella, ci dovrà essere necessariamente una correzione di rotta, ad esempio su questioni come quella dell’assunzione dei dirigenti esterni.
“Io ho avuto dei dubbi nel firmare questa mozione – ha esorditoFabio De Lillo (Nuovo centrodestra) -perché non vorrei che in caso di accoglimento tutti i componenti di quest’Aula fossero coinvolti senza eccezione in una presunzione di colpevolezza. Ma questa mozione ha il valore di chiedere un cambio di passo all’amministrazione Zingaretti, la cui azione si è paralizzata dal momento in cui le vicende giudiziarie che coinvolgono esponenti di Roma capitale e Regione Lazio sono venute fuori”. De Lillo ha lamentato anche un difetto di interlocuzione con il vertice dell’amministrazione regionale per l’opposizione consiliare.
Valentina Corrado (M5S) ha ricordato come fin dalle prime notizie sull’inchiesta, con il coinvolgimento del capo di gabinetto di Zingaretti, Maurizio Venafro, il Movimento avesse preparato una propria mozione di sfiducia, che non aveva potuto essere discussa allora a causa del numero troppo esiguo di sottoscrittori. “Stavolta non abbiamo voluto sottoscrivere un documento il cui primo firmatario è il capogruppo di un partito invischiato nell’inchiesta Mafia Capitale tanto quanto il Pd”, ha spiegato.
Secondo Gianluca Perilli, suo collega di partito, gli elementi a supporto della sfiducia ci sono, e anche di una certa gravità, come i finanziamenti regionali “che sono andati a vantaggio delle cooperative gestite dai soggetti che sono al centro delle inchieste”.
“Non siamo in un’aula di tribunale, ma in un’Aula politica”, ha esordito Marta Bonafoni(Sel), prima esponente della maggioranza a intervenire, secondo la quale “la mozione di sfiducia è da respingere innanzitutto perché ora ciò che accade è sotto gli occhi di tutti, mentre se si andasse alle urne si chiuderebbe il sipario e gli affari potrebbero ricominciare fino all’insediamento della nuova Giunta; in secondo luogo, perché la necessità assoluta è non fermare il lavoro iniziato per dare delle risposte alle domande e alle esigenze dei cittadini, a partire da quella del lavoro. La stessa legge sul demanio all’ordine del giorno dei lavori del pomeriggio è una risposta agli interessi mafiosi; così pure per tante altre questioni all’attenzione del Consiglio, che non può quindi interrompere la sua opera”.
Il nocciolo della questione, secondo Giuseppe Simeone (Pdl-Forza Italia), sta nella responsabilità politica della catastrofe morale che sta accadendo e che Zingaretti si dovrebbe correttamente assumere, di fronte a ciò che sta venendo fuori. Mafia capitale “è arrivata a colpire il cuore della Regione Lazio” e non si può continuare a voltarsi dall’altra parte.
Per il vicepresidente del Consiglio regionale Francesco Storace (La Destra) la mozione di sfiducia è un atto politico di grande importanza, di fronte al quale sarebbe stato doveroso un diverso atteggiamento della maggioranza. “La dignità di chiudere con decoro una partita” è ciò che Storace ha chiesto alla maggioranza. “L’assenza di interlocuzione sulle questioni che noi stiamo sollevando renderà più difficile questa legislatura”, ha concluso Storace.
Giuseppe Cangemi (Ncd) ha puntato l’attenzione sui passi che l’amministrazione Zingaretti non ha ancora compiuto, come ad esempio la nomina del nuovo garante dei detenuti.
“Un rinnovato atteggiamento, dentro e fuori quest’Aula” è ciò che serve, secondo Marino Fardelli della Lista civica Bongiorno-Obiettivo Lazio, secondo il quale la seduta odierna è un forte richiamo al ritorno alla politica attiva, perché “lavorare è la migliore risposta che può dare l’Aula”. La fiducia al presidente Zingaretti è quindi confermata.
Per Giancarlo Righini (Fratelli d’Italia) questa mozione si è resa necessaria al fine di ottenere risposte meno evasive di quelle date fino a questo momento dalla Giunta Zingaretti rispetto alle gravi questioni emerse dall’indagine della magistratura.
Daniele Fichera (Psi) ha confermato il suo sostegno a Zingaretti, perché a suo avviso non ci sono elementi sufficienti per rendere necessario il passo delle dimissioni; i fatti che sono accaduti non vanno sottovalutati, ma la risposta ad essi va data in questa Aula e in base ad essa andrà “misurata la legittimità a proseguire di questa amministrazione”.
Per Pietro Di Paolantonio (Ncd) la mozione di sfiducia si presenta legittima da due punti di vista, uno gestionale e uno politico; i fatti di cui si parla, anche se forse meno esposti mediaticamente, si presentano più gravi di quelli che provocarono la fine della precedente legislatura. Di Paolantonio si è chiesto se Zingaretti abbia ancora la forza e la capacità di andare avanti.
Per Fabio Bellini (Pd) l’inutilità di questa mozione sta nel fatto di voler interrompere questa esperienza di governo regionale con argomenti demagogici, perché “le frequentazioni personali sono cosa diversa dalla responsabilità politica”. La gogna è fuori luogo, secondo Bellini, che pensa anch’egli che il lavoro del Consiglio sia la migliore risposta che si può dare ai cittadini.
Daniele Sabatini, capogruppo del Nuovo Centrodestra, ha affermato che questa mozione non può avere un semplice valore formale: anche se dovesse, come i numeri sembrano suggerire, venire respinta, il presidente dovrà sapere di non godere più della totale fiducia del Consiglio. “Senza autocritica e un cambio di passo non c’è possibilità di proseguire questa legislatura”, ha concluso.
Silvana Denicolò (M5S) ha replicato a Bellini, che aveva parlato di “gogna mediatica”, argomentando che esiste un’indagine e non si può accettare che il governo regionale non faccia un atto di riflessione su questi fenomeni; ha rigettato l’accusa di ostruzionismo all’opposizione e chiesto a Zingaretti che faccia qualcosa per restituire la fiducia nell’istituzione.
“Elementi di perplessità e anche di illogicità” si colgono in questa mozione di sfiducia secondoRiccardo Valentini, capogruppo del Pd, che si è richiamato alla precedente definizione di “gogna mediatica”, a proposito dell’utilizzo delle notizie sull’indagine. Anche a suo avviso il migliore metodo è quello di continuare a lavorare come si è fatto finora, anche con il contributo dell’opposizione, che in alcuni casi non è mancato.
Prima del voto finale sulla mozione, è intervenuto il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha rimarcato i dati sul lavoro dell’Aula, che evidenziano una produzione legislativa nettamente superiore a quella di precedenti consiliature. L’errore, per il presidente, sarebbe che la politica “gettasse la spugna” e ammettesse che non c’è più niente da fare. Fin qui l’approccio che Zingaretti dice di condividere; invece, esiste un approccio che egli ha affermato di non condividere, ed è quello che porta a trarre dal coinvolgimento in un’indagine conclusioni affrettate sulle persone coinvolte.