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Il mondo, l’Europa, Internet e le province.

Nell’era in cui ci chiedono di essere cittadini d’Europa e del mondo, nell’era in cui Internet abbatte tutte le barriere spazio-temporali, staremo a vedere coloro che avranno l’ardire e il falso eroismo di arroccarsi sulla sterile difesa della propria identità provinciale. Chissà in quanti ricorreranno a vecchi manuali di storia e geografia, interpelleranno opinionisti ed esperti, scomoderanno topi di biblioteca e scartabelleranno tra vecchi archivi per giustificare confini – che il Governo Monti ha rivisto e corretto – nel tentativo di salvaguardarli in nome del vecchio motto: “Chi va per la strada nuova sa quello che lascia, ma non sa quello che trova”.

Ecco, dovremmo, tutti, avere il coraggio di riconoscere e ammettere che l’esperienza provinciale che ci lasciamo alle spalle è poco più che una sovrastruttura burocratica che, magari nata con le migliori intenzioni, si è poi rivelata la perpetuazione di logiche di spartizione di potere, poltrone, soldi. Tutti a tirare la coperta – sempre troppo corta – per avere voce in capitolo, avere un ‘padrino’ alla cui porta poter bussare, perché ‘amico di’, riferimento elettorale di quel determinato territorio. Alzi la mano chi può dire in tutta onestà di avere un vero e sano senso di appartenenza alla provincia, che sarebbe provato anche dall’assenza di rivalità non dico con un’altra provincia, ma con il paesino subito appresso al proprio!

Così, mentre dalla tastiera del computer, chattiamo con l’altra parte del mondo, possiamo vedere  in tempo reale cosa succede in un angolo sperduto della Terra e lo condividiamo – cioè ce ne sentiamo parte e vogliamo viverlo insieme – ecco che, non appena varchiamo la soglia di casa siamo pronti a mettere i paletti ed edificare muri per recintare il nostro giardino, il nostro orto, la nostra città, la nostra provincia. Sì, mi pare proprio coerente! Allora, perché non tornare alle città-Stato, di memoria medioevale, con tanto di ponte levatoio da tirare su davanti ai nemici?

Con il Decreto approvato oggi – che riduce le province da 86 a 51 e che, nel Lazio, prevede la città metropolitana di Roma al centro, l’accorpamento delle province di Rieti e Viterbo a nord e di quelle Frosinone  e Latina a sud – si annuncia l’azzeramento delle giunte già da gennaio 2013, con il presidente che potrà delegare l’esercizio delle funzioni  a non più di tre consiglieri provinciali.

Sicuramente, un terremoto.

La scure è arrivata lungo quel percorso della spending review, che vuole giusti tagli alla politica. Ok, alla politica sì. Alla efficienza e all’efficacia, no. Quelle devono essere riviste e corrette. Anzi, di più, devo essere i soli e unici criteri per cui si sforbicia, si riorganizza, si ottimizza. Nessun cittadino ci sta  a vedere i servizi, di cui usufruisce in quanto tale, peggiorati rispetto all’attuale livello già poco edificante. Presidi territoriali, uffici, informatizzazione non potranno mancare.

Non si è fatta attendere la protesta degli amministratori. Ci mancherebbe: si vedono sfilare la poltrona e non ci stanno. Addirittura, il sindaco di Prato – città che il riassetto delle province ricomprende nella città metropolitana di Firenze – ha deciso di concedere un’intervista ad alcuni giornalisti locali, presentandosi seduto sul water di un bagno dell’edificio del Municipio. Signori si nasce! Evviva le Istituzioni!