L'INIZIATIVA

Msg Campano – ViviMonte, cippi e briganti tra Chiesa e Borbone

A Monte San Giovanni Campano, per la serie #fuoricastello, la scoperta delle “colonnette” lungo il confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. Una storia che si intreccia con quelle di briganti come Chiavone, bandito donnaiolo che guidò le rivolte contro Mille e Sabaudi. C’erano anche le brigantesse, come la sua amante Filomena Pennacchio: la “Regina delle selve”.
La manifestazione ViviMonte, vetrina di Monte San Giovanni Campano, è andata avanti nel fine settimana con il penultimo evento della serie #fuoricastello: “Alla scoperta dei cippi di confine”. Sono le “colonnette” che segnavano la frontiera ottocentesca tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie.
È una storia millenaria che passa anche per il fenomeno del brigantaggio, incarnato soprattutto dal sorano Luigi Alonzi, detto Chiavone per la fama da donnaiolo. Fu a capo delle guerriglie contro Mille e Sabaudi: a favore dei Borbone, contro l’avvento del Regno d’Italia firmato Savoia. Ma c’erano anche tante brigantesse, come la sua amante irpina Filomena Pennacchio: la “Regina delle selve” raccontata dall’omonimo libro dell’associazione “Amici del cammino sulla frontiera di Chiavone”.
Sono tra i racconti che hanno accompagnato l’esperienza incastonata nel quadro di #vivimonte, tra gli oltre venti eventi patrocinati dal Comune fino al prossimo mese di novembre. È la penultima passeggiata di #fuoricastello, tra i dieci hashtag che distingueranno le fasi della scoperta dell’anima di Monte San Giovanni Campano.
La manifestazione è curata dall’assessore Floriana Belli, delegata alla cultura e turismo, per conto dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Emiliano Cinelli. Il cammino ha avuto una guida ambientale ed escursionistica, Roberta Taschera, nonché quella turistica, Loredana Stirpe. Si è svolto tra Porrino, frazione monticiana, e Castelliri.
«I cippi di confine erano così pesanti, dai cinquecento ai mille chili, che venivano scolpiti in loco – riporta Taschera -. Su un lato, c’era il giglio dei Borbone di Napoli, mentre sull’altro le due chiavi incrociate dello Stato Pontificio. La linea sul cupolino, infine, indicava la direzione del confine».
Sono uscite fuori, inevitabilmente, tante storie di briganti e non solo. «Non c’erano solo maschi, ma anche donne – racconta la guida dell’Aigae -. Erano molto brave a imbracciare il fucile, molto capaci di orientarsi nei boschi, e ottime infermiere, che si aiutavano con le erbe officinali». I Garibaldini arrivarono trionfali da Napoli e Vittorio Emanuele II di Savoia era pronto a diventare re d’Italia. I Borboni si erano ormai rifugiati a Gaeta.
Alla fine, prima di diventare leggendario, Chiavone fu sommariamente condannato a morte e giustiziato nella Valle dell’Inferno vicina alla Certosa di Trisulti. Filomena, protagonista della rivolta postunitaria, sopravvisse invece a una lunga e dura detenzione in Piemonte per poi sposare un giovane e ricco imprenditore e dedicarsi alla solidarietà.
(Ufficio Stampa #vivimonte – vivimonte2024@gmail.com)