IL COMMENTO

Il Socialismo in Italia

IL SOCIALISMO IN ITALIA

Ho letto l’accorato scritto di Alberto Benzoni sulla situazione in cui versa la politica in Italia e in particolare il Socialismo.

I richiami all’identità, la nostra, e gli sforzi che fa Benzoni sono apprezzabili, tuttavia, credo che il recupero o una nuova declinazione dell’identità socialista in Italia non può continuare a passare per il raffronto con le vicende dell’ex partito comunista e dei suoi tanti eredi. 

Oggi bisogna interrogarsi sul perché la nostra storia politica è finita al di la delle vicende di tangentopoli. Dobbiamo ragionare sulla nostra storia passata, sulle cose buone che abbiamo fatto e sugli errori commessi, senza stare ogni volta a vedere se vi è stata e di chi è stata anche la colpa della nostra fine. Quando si vuole dare vita ad una nuova creatura non lo si fa guardando ad altri genitori, si bada esclusivamente a che saranno i genitori, i loro valori, le loro origini e le loro possibilità di compiere un percorso irto di insidie come tutte le cose della vita. 

Ci dobbiamo interrogare su cosa abbiamo sbagliato noi in tutti questi anni in cui abbiamo tentato la nostra rinascita.

Credo che probabilmente non siamo riusciti ad aprirci adeguatamente alla società che nel frattempo è cambiata. Non abbiamo saputo trovare delle modalità nuove di fare politica, di coinvolgere i cittadini, le istituzioni, il mondo del lavoro e delle imprese, quello della cultura abbandonata a se stessa da tutti. Non siamo riusciti, del resto come tutti gli altri parti ti travolti da tangentopoli, a fare breccia nella società e modellarci sugli esempi che pure in altri paesi europei in qualche modo hanno retto l’urto del populismo e del nazionalismo. 

Non siamo stati pronti, e forse, ancora non lo siamo, nel comprendere come arginare le devastazioni della globalizzazione e delle potenze mediatiche ed economiche. La società che viviamo è stata indubbiamente devastata dalla semplificazione travolgente promossa da televisioni, giornali e social media. Recuperare su questo terreno comporta un lavoro immane. Ricostruire l’identità delle culture politiche, e la nostra in particolare, significa trovare alleati, avere progetti credibili e riconoscibili da parte della società nel suo insieme. Del resto la dispersione in cento rivoli di quella che era stata la nostra storia è un segno emblematico che noi stessi non avevamo chiara la nostra identità e soprattutto non sapevamo cosa volevamo, figuriamoci se potevamo spiegarlo agli altri. 

Il filo rosso della storia del socialismo italiano si era spezzato ed ha continuato a vivere in questi anni solo tra noi reduci di quella storia fatta di passione, di romanticismo, di lotte e di errori. Il peggiore dei quali credo che sia stato quello di dividerci in tante sigle, gruppetti e singoli avventurieri. Lo spettacolo che abbiamo offerto a quelli che erano i nostri ex elettori è stato devastante: ci siamo divisi in partiti e partitini socialisti, nascosti dentro altri parti, financo di destra. Cosa potevamo aspettarci da un simile spettacolo? 

Le domande che ci dobbiamo porre sono molte e a tutte bisogna dare delle risposte. Come e con chi riorganizzarci, in che modo, con chi collaborare, come aprirci alla società interpretandone le aspettative e le esigenze cogenti. Si potrà obiettare che su questi temi tanto si è dibattuto e scritto, ma se non abbiamo ottenuto i risultati sperati bisogna evidentemente cambiare strategia, modalità organizzative, di adesione al partito, di rapporto con il mondo della comunicazione in generale. Ma soprattutto dobbiamo tentare di allevare una nuova generazione di militanti e dirigenti che sappiano interpretare la complessità del presente per dare una prospettiva nuova a tutta la società, in primis a chi più di altri sta soffrendo la pandemia, la crisi economica e l’esclusione sociale, che si badi bene, no riguarda più solo i ceti meno abbienti.

Dobbiamo avere idee nuove ma dobbiamo anche avere l’umiltà di ascoltare, di farci aiutare da chi vuol cambiare i giochi della società, è non sono certamente in pochi.