L’oggetto della missiva è: Riscoperta e recupero Chiesetta di San Giuseppe sull’antica Via Magnene, nel Municipio di Arpino. I destinatari sono Vittorio Sgarbi (sindaco di Arpino), Luca Di Stefano (presidente dell’amministrazione provinciale), Rossella Chiusaroli (presidente della 15esima Comunità Montana), Ilaria Bove (responsabile competente per Sovrintendenza ai Beni culturali del Lazio) e per conoscenza: Ernesto Liguori (Prefetto) e Tiziano Sbardella (luogotente comandante stazione carabinieri). Il mittente è Saverio Zarrelli, già sindaco di Arpino e responsabile della sezione cittadina dell’Archeoclub
La cerimonia
…è stata riportata alla luce la particolare e stupenda chiesetta di San Giuseppe, che totalmente ricoperta da arbusti e erbe infestanti versava nel più completo abbandono e che il prossimo 1 luglio alle ore 9,30 si terrà una breve quantunque suggestiva, cerimonia di riattivazione, dove si spera siano partecipi l’intero panorama delle Istituzioni pubbliche. Si chiede, altresì e cortesemente, di valutare il valore culturale, storico ed artistico dell’opera ed eventualmente di individuare criteri e indirizzi per tutelarne la conservazione.
La storia
Questa cappella dedicata a San Giuseppe artigiano è ubicata sulla destra, proprio sotto il limitone della provinciale Pietro Nenni, all’altezza del civico 16, fronte l’ex laboratorio del mastri ferrai “Marcello & Carlo”. La sua edificazione dovrebbe risalire al XVII-XVIII sec., un successivo restauro è di data incerta in quanto sul piccolo riquadro esistente sulla destra dell’altare si legge: “Riedificata e benedetta dal reverendo canonico Don Annibale Tomaselli, 14 ottobre 1???”. Purtroppo l’anno non è leggibile, nella monografia intitolata “Gli affreschi della cappella di San Giuseppe lungo la Via Magnene di Arpino”, in Lazio Sud, n.10 del 1984, Rizzello fa riferimento al canonico Annibale Tomaselli e indica il 1775 (va precisato che nei registri della parrocchia di San Michele Arcangelo, si trova un secondo Annibale Tomaselli, di Gabriele e Maria Spagnoli, canonico di San Michele, morto il 13/07/1886, chissà, forse la cappella, precedentemente edificata e affrescata è stata ristrutturata da questo canonico dopo il terremoto del 1883).
Gli affreschi
Il suo interno è decorato con tre affreschi; quello sull’altare rappresenta la Sacra Famiglia, mentre sulla parete sinistra sono raffigurate le Anime del Purgatorio (da notare che poco più avanti, sorgeva una volta l’omonima chiesa) con braccia protese verso il cielo. Il Visitatore è attratto in particolare dall’affresco sulla parete destra, dove è raffigurato in primo piano un vescovo benedicente, identificato come Sant’Emidio con i Santi Pietro Martire e Antonio da Padova; alle spalle dei tre santi sono dipinte scene di terremoto con campanili ed edifici diroccati e cadenti sotto la spinta del sisma. Il simbolismo è legato alla figura di Sant’Emidio, già patrono di Arpino ed invocato contro i terremoti. Il sisma che il pittore ha inteso raffigurare è forse quello del 1654, quando crollò sia il campanile della chiesa di San Michele Arcangelo che il tetto della chiesa di Sant’Antonio (al di là di ogni interpretazione, le scene di terremoto, sono un segno iconografico teso al riconoscimento di S. Emidio Martire patrono della cittadina e invocato nel tempo dagli arpinati per scongiurare il pericolo dei terremoti).
I reperti
Non va sottaciuto che nell’area attigua sono presenti tratti dell’antica via Magnene (in basolato), resti di un’infrastruttura viaria millenaria legata alla fondazione originaria del Municipio arpinate; un’antica via quasi completamente distrutta per la realizzazione della strada provinciale Pietro Nenni, che si muove a una quota più alta. L’area è ricca di reperti archeologici tutti puntualmente segnalati nel corso del secolo scorso, in particolare nei pressi del ponte denominato di Franchitte a ridosso della stessa Chiesetta, l’allora Ispettore onorario Venturini rinvenne una tomba safina (nota del 05/02/1926 a SBAL), in seguito ai lavori di scavo, emerse anche un pozzo funerario di m. 1 e del diametro di poco inferiore. Oggi, è tutto nel più completo abbandono, la parola d’ordine è “salviamo il salvabile”.