Dalla città di Cicerone un brevetto destinato a rivoluzionare il concetto di sicurezza alla guida e soprattutto in grado di salvare vite umane. Si chiama Heart Control e porta la firma di un giovane informatico di Arpino: Roberto Scarpetta.
In un’epoca in cui è sempre più difficile riuscire ad inventare e creare qualcosa che non esista già dando vita anche a soluzioni realmente utili alla collettività, ecco che prende vita questa straordinaria idea. Si tratta del primo dispositivo di sicurezza attivo al mondo in grado di monitorare la salute cardiaca del conducente e di agire sul veicolo in caso di malore. Il dispositivo, nel caso in cui si attivi l’allarme, è capace di rallentare il mezzo di trasporto fino ad arrestarlo, attivare le luci di emergenza lampeggianti e richiedere il soccorso medico fornendo la posizione tramite una geolocalizzazione.
Ben si comprende, quindi, come una volta installato nel mezzo (auto, tir o autobus) sia capace di salvare la vita non solo di chi è alla guida ma anche di coloro che a quella vita sono legati nell’abitacolo e nel contesto stradale. Per far comprendere bene l’utilità di questa invenzione basti pensare al terribile incidente avvenuto tre giorni fa sulla A1 con quattro mezzi coinvolti e lunghe code tra Modena Nord e Modena Sud, originato da un malore di uno dei conducenti alla guida, un uomo di 76 anni che ha perso la vita.
E i dati, in tal senso, parlano chiaro. Sono ben 17,9 milioni i decessi nel mondo a causa di malattie cardiovascolari nel 2016, di cui l’85% riconducibili proprio ad infarto; 176 le vittime totali coinvolte in incidenti con veicoli per i quali il conducente è stato colto da malore; 1194 conducenti in stato psicofisico alterato per improvviso malore, dei quali 165 deceduti. Il progetto è nato nella mente dell’informatico Roberto Scarpetta – che nella vita di tutti i giorni gestisce un bar alla Scaffa – nei primi mesi del 2019. Ed è proprio lui, persona dotata di una mente vivace, a raccontare come poi ha ottenuto il brevetto, nonostante i limiti imposti dalla pandemia che se ha fermato tante attività non è riuscita, però, ad arrestare il flusso delle idee: “Tutto è nato da un evento tragico che ha coinvolto una persona a me molto cara e che era alla guida di un camion mentre si trovava a Roma centro. Ebbe un malore alla guida e provocò un gravissimo incidente che coinvolse molti veicoli, fortunatamente senza conseguenze tragiche per nessuno ma con moltissimi danni.
Era il 2019. Ma a quell’epoca non ero nelle condizioni di poter realizzare il progetto. Rimase, quindi, nella mia testa per alcuni mesi fino a quando decisi che era giunto il momento di mettermi al lavoro. Ho messo su una squadra di persone qualificate, con in testa il mio insegnante delle superiori, ed un team di ingegneri, cardiologi e meccanici. Abbiamo cercato dapprima di sviluppare su carta l’idea rendendoci subito conto che era tutto sommato fattibile, realizzabile”. Il gruppo di lavoro, composto da professionisti della zona, è passato quindi dalla teoria alla pratica. Ne è nato, così, un primo efficace prototipo, di cui sono stati registrati marchi ed ottenuto quest’anno l’atteso brevetto internazionale. Sono state , quindi, riconosciute la validità e l’originalità alle quali si aggiunge l’oggettivo valore nella salvaguardia della salute e della vita di tutti gli utenti della strada. E si auspica davvero che questa invenzione “made in Ciociaria” possa essere omologata su tutti i veicoli quale dispositivo di serie.
Roberta Pugliesi